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Lunedì 14 Dicembre 2020 17:44

E’ sempre maggiormente diffusa la prassi della propria autotutela con il ricorso alla denuncia/querela per sollevare le indagini su particolari aspetti spesso sfuggiti agli investigatori. Sicuramente è un diritto del cittadino che si scozza con la diffusa quanto sommaria prassi di bloccare ulteriori indagini per la impossibilità a trovare elementi per sostenere la nuova accusa. Nulla da eccepire in merito se non sorgesse il dubbio che ciò sia solo una scappatoia, senza alcuna garanzia per il cittadino, per eludere il processo. Meglio cautela, tempi più lunghi ma con l’accertamento della verità che una giustizia snella ma lontana dal cittadino!


L’oblio imposto per legge


Avv. Francesco Valentini*

Con poche parole ilP.M. chiede al GIP l’approvazione della sua proposta di archiviazione delle denunce e/o querele dei cittadini “in quanto gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non appaiono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”,cioè si interromponoaudizioni ed altre indaginise mai fossero state fatte in modo approfondito. Chi è convinto della correttezza della propria denunciae/o e vuol far riprendere le indagini, deve opporsi all’archiviazione e al cui Gip spetta se accoglierla o meno.

L’istituto dell’archiviazione, a cui se fa un esagerato ricorso, va ben oltre l’apparente contributo di rendere più agile la giustizia italiana alleggerendola di iniziative che contribuiscono solo ad allungarne i tempi, perché, di fatto si può ledere il diritto del cittadino all’autotutela.

In realtà conl’archiviazione di una denuncia e/o querelasi impone l’oblio per leggea tutti coloro che con lo strumento della denuncia si permettonorichiamare l’attenzione della magistratura su possibili delitti che, altrimenti, verrebbero cancellati “d’ufficio” e/o rimarrebbero impuniti.Con l’accettazione della richiesta dell’archiviazione, del P.M. nessuno potrà più aggiunge nulla di nuovo a quel mondo  “penale” che vede protagonisti, sempre di più, i minori, ai quali, con troppa facilità, si riconosce solo il diritto all’oblio!Tutte le denunce vengono “stoppate” ancor prima di essere ascoltate direttamente ed ancor prima che si approfondiscano le variegate motivazioni della denuncia stessa.

E’ tutto vero. Il padre di una bambina, con collocamento condiviso e collocazione prevalente presso la madre (a sua volta convivente con la nonna materna)  da anni lotta nei tribunali per il diritto a frequentare e sentire la propria figlia, ma che la nonna, senza alcun titolo sulla nipote, in quanto non abbandonata, di fatto,gli vieta l’esercizio delproprio naturale diritto alla co-genitorialità.

 

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Martedì 01 Dicembre 2020 16:45

 

Cambia la giustizia in Valle d’Aosta


Alla luce delle sentenze della Corte di Appello di Torinoresta certo che le battaglie dell’associazione e la sua linea difensiva trovano sistematica conferma nelle sentenze riformate, che continuano a darci ragione. Non è la prima volta che accade e la sentenza impugnata, riformata e pubblicata ieri nel capoluogo piemontese è la palese conferma che le cose stiano cambiando e che lentamente la linea del diritto ha il sopravvento su altre esigenze.

Un padre lotta da anni per vedersi riconosciuti i diritti di genitore estromesso dalla vita dei propri figlied è da oltre un decennio al centro di duri e diretti attacchi da parte della oramai ex-moglie e dei due figli che, in un pubblico dibattito raccontava, assieme ad altri padri, la propria esperienza genitoriale. Complici sono pure certi ambienti politici, che cercano nel mondo del sommerso chiari sostegni alle loro richieste e promesse non sempre comprensibili e giustificabili.

 

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Venerdì 23 Ottobre 2020 15:47

 

Per sicurezza Coronavirus il convegno  è stato rinviato alla prossima primavera 2021

Si ringrazia per le adesioni pervenute e per la disponibilità degli enti locali

 

 

 
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Venerdì 02 Ottobre 2020 10:34

AOSTA -Venerdì 9 Ottobre 2020 ore 20.30

C.S.V. – Sala Conferenze – via Xavier de Maistre, n. 19

INCONTRO – DIBATTITO


Gli utenti del tribunale ancora vittime della Giustizia!

Testimonianze a confronto.


Introduce i lavori il prof. Ubaldo Valentini - moderatore del dibattito il dott. Andrea Pieri.

***

Il Tribunale di Aosta non funziona - e ciò lo sanno bene i cittadini e soprattutto i separati e i loro figli – a causa di sentenze fortemente influenzate dalla cultura di genere, di sentenze perennemente evidenziate da errori che costringono l’utente che non ha risorse economiche per altri ricorsi a rinunciare alla tutela dei propri diritti, di sentenze che rinnegano quelle pronunciate da colleghi dello stesso tribunale a cui, invece, dovrebbero attenersi, procedura civile talvolta palesemente non applicata e l’elenco delle disfunzionalità è noto a tutti, anche se sono poche le fonti d’informazione che ne parlano ufficialmente.

 

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Lunedì 14 Settembre 2020 17:51

Aosta


Figli affidati a comunità- Servizi e giustizia che non funzionano

 

Avv. Gerardo Spira

Il Covid ha sconvolto la vita di tutto il sistema mondiale. Non si è salvato nessuno. La legge è caduta nella pandemia isterica di tutti: cittadini, istituzioni, scuola, comuni, Servizi e Giustizia.  La famiglia, è quella che sta pagando il prezzo più alto.

Le istituzioni, invece di aprire le porte per rassicurare i cittadini in difficoltà, studiano ed emettono provvedimenti che li allontanano ancora di più dallo Stato.  Anche Il problema delle separazioni è finito in preda alle più assurde e sconvolgenti decisioni.  Non parliamo dei bonus o contributi concessi in questo periodo, che pure hanno fatto la differenza di genere, ma di provvedimenti che Servizi sociali e Tribunali continuano a sfornare, con guanti e mascherine, in nome della legge.

L’occasione del Virus ha finito per spezzare la schiena della famiglia che invece, proprio in questa occasione aveva bisogno di maggiore assistenza e di comprensione. Il mondo delle differenze e delle disuguaglianze ha aperto il varco alla corsa spregiudicata di affari loschi e oscuri. Ne esce sconfitto lo Stato e pagano figli e genitori. I figli pagano le conseguenze più dure e irreparabilidegli errori e delle inadempienzechiamate dai più “malagiustizia”. Il Costo più grande lo paga la Comunità tutta, che indirettamente paga le conseguenze degli errori di chi la rappresenta.

Mica pagano magistrati e servizi per gli errori commessi. Pagano i cittadini e i figli. I figli,testimoni di vicende che non dimenticheranno mai, e che hanno visto calpestati i diritti che cercheranno sempre nel corso della vita. Purtroppo la legge per tutti finisce in un tritacarne di situazioni, di condizioni, di persone e personaggi da cui i figli escono avvelenati.

L’Associazione GenitoriSeparati per la Tutela dei minori da oltre 20 anni ha prestato attenzione al problema e da sempre si è posta una semplice domanda: ”Che cosa c’entrano i figli con il fatto che i genitori decidono di separarsi?”

Il procedimento civile della separazione e divorzio entra nel mondo della più assurda pseudo-parapsicologia da cui tutti ne escono sconfitti: genitori, famiglie e servizi. I Giudici finiscono per non fare più i giudici, gli avvocati seguono la sorte e i minori finiscono in una segreta casa comune o casa famiglia che dovrebbe, secondo chi decide, sostituire i genitori.  Sappiamo come finiscono queste storie.I minori, sottratti, vengono consegnati in cura a persone di dubbia capacità e responsabilità genitoriali; a persone che svolgono ruoli e funzioni come un lavoro.Anzi in molti casi questo lavoro è svolto da persone che si portano dietro problemi del fallimento della propria vita familiare.

Il legislatore si è preoccupato del problema e con la legge n. 54 del 2006, che tutti i separati conoscono a memoria, ha dato valore e importanza alla famiglia e ha indicato le linee guida per garantire la tutela dei minori; ha specificatoqual è il ruolo degli Enti territoriali, locali e regionali; cosa deve fare il Tribunale quando viene chiamato a decidere. E’ compito del Giudice di fissare i capisaldi della carta dei diritti e degli obblighi di chi si separa, ordinandone l’osservanza.

Chi sbaglia paga.Questoè il principio. Non significa che a chi sbaglia si tolgono i figli. Significa che chi nonosserva la Carta, trasfusa nell’accordo o nella sentenza deve restituire all’altro genitore il tempo e il valore del diritto sottratto, compensandoli in termini economici.La funzione dei genitori deve essere imposta, non penalizzata. Nella legge il principio va in questa direzione. Invece leggiamo che in quasi tutti i tribunali d’Italia vengono fatti protocolli,che hanno solo lo scopo di mettersi d’accordo sul ruolo di ognuno. Si stabilisce cosa devono fare gli avvocati, cosa devono fare i servizi sociali e gli ordiniprofessionali di appartenenza.Il protocollo è firmano da tutti, tranne che dalle parti interessate, cioè dai genitori. Nei diversi incontri pubblici ne abbiamo parlato e lo abbiamo contestato.

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Venerdì 28 Agosto 2020 07:58

Accade a Pordenone: tolgono i figli ai genitori per metterli in comunità


La comunità manda il conto ai genitori


E’ l’ennesima storia di mala giustizia e di gravi responsabilità dei servizi sociali. Il tribunale, dinnanzi al mancato accordo dei genitori sulla collocazione e gestione dei figli durante la separazione, stabilisce che i minori vengano messi in una comunità protetta che ora chiede per due anni e mezzo di permanenza dei bambini una somma di cento mila euro, pari ad €. 3.300 al mese. Una vicenda che ci lascia senza parole e che mette in evidenza come funziona la giustizia minorile in Italia condannata dalla CEDU, tante volte, a pagare salate multe per il mancato rispetto dei minori, di un loro genitore e/o dei nonni.

I servizi sociali (che sicuramente avranno relazionato al giudice per la loro “reclusione” in una comunità protetta, molto spesso, sono un danno più che una risorsa sociale. Questi due genitori, se semplici dipendenti, come possono pagare, in una soluzione ed immediatamente, una somma che sicuramente sarà superiore allo stipendio percepito in quei mesi.

La comunità che aveva accolto i loro figli ha chiesto adesso il conto, salatissimo: centomila euro che i genitori di due bambini di Pordenone dovranno pagare, e subito, altrimenti saranno soggetti ad azioni esecutive.

«Ma delle persone con reddito normale – scrive l’avv. Francesco Miraglia, dove potrebbero trovare tutti quei soldi?

“Perché poi impoverire delle persone, metterle in seria difficoltà economica, per un provvedimento che loro nemmeno avevano chiesto?  Non avevano deciso loro di mandare i figli in quella comunità».

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Martedì 25 Agosto 2020 08:03

La Cassazione cambia pensiero “carissimifigli.

Cercatevi un lavoro!


Ci voleva il Covid per attivare la riflessione dei Giudici della Cassazione? Il 14 agosto 2020, quando i giovani si davano alla pazza gioia nelle balere e nei luoghi di movida, la prima sezione della Cassazione, forse stanca di sentire e leggere notizie sulla crescente e diffusa irresponsabilità dei giovani in periodo di pandemia da Covid 19, ha partorito una pronuncia storica sul mantenimento della famiglia separata, che capovolge “una teoria” che ha consentito, da moltissimi anni, a tanti figli di pesare sul groppone dei sacrificati genitori, con la scusa della insufficienza economica.

Con l’ordinanza n.17183 del 14 agosto 2020, in corso di pubblicazione, I Giudici della Cassazione hanno cambiato pensiero :“è specifico dovere del figlio, ormai uomo, “ridurre le proprie ambizioni adolescenziali” cercando un modo per mantenersi anche se non in linea con il lavoro da lui preferito”.

Il caso, cambierà la filosofia del diritto su cui ha fatto leva la maggior parte dei figli di separati, in cerca prolungata di lavoro.

Il caso riguarda una madre che contestando la decisione della Corte di appello di Firenze la quale aveva revocato sia l’assegno corrisposto dall’ex marito in favore del figlio e sia l’assegnazione della casa coniugale. Il caso riguarda un professore trentenne, come tanti altri, inserito nei ruoli della scuola come precario, con un reddito personale accertato di circa 20 mila euro annui. Per la condizione di spostamento scolastico anche la casa assegnata in coabitazione con la madre veniva usata saltuariamente. Tra l’altro la Corte di appello aveva fatto notare, in sentenza, che in tutti i paesi del mondo, tranne che in Italia, a trent’anni un figlio è fuori dalla dipendenza economica della famiglia. Né, era motivo valido la condizione di disoccupato del figlio, perché, ha sostenuto la Corte, questa può colpire qualsiasi lavoratore. Infatti, riportava, il padre del prof, per la chiusura del negozio di famiglia, finito disoccupato è stato costretto a ritornare presso la propria anziana madre per sopravvivere. in Italia questa situazione è ricorrente.

Il ripensamento normativo ha portato i SupremiGiudici a rivedere il concetto di autosufficienza nelle questioni di assegno di mantenimento. Per la Cassazione, oltre i trent’anni non vi è più obbligo di mantenimento del figlio, in relazione alla raggiunta capacità di mantenersi, che da questi è ritenuta presunta.

E quiè la svolta interpretativa che se da un lato costituisce finalmente un passo avanti nel difficile mondo della famiglia separata, dall’altro apre la discussione su di un altro aspetto:Quello della capacità presunta.Possono considerarsi compatibilmente coerenti trent’anni per chi ha concluso un percorso di laurea finito bene, ma possono ritenersi tali anche gli anni meno di trenta,per chi ha concluso il percorso scolastico, senza impegnarsi a cercare un lavoro. Caso per caso, va bene. Ma è molto importante la situazione e la condizione di impegno di ognuno. Quali sono gli aspetti e gli elementi che il Giudice deve tener presente per giudicare la capacità autonoma al mantenimento?

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