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Venerdì 11 Maggio 2018 09:22

 

Il patrocinio a spese dello Stato è un diritto

ma le dichiarazioni mendaci sono un reato penale


Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Aosta, avv. Paolo Sammaritani, in risposta alla nostra denuncia sull’incontrollato abuso del patrocinio a spese dello Stato, ha ritenuto di far conoscere le modalità applicative della legge, quasi a volerle chiarire all’associazione, ignara delle procedure seguite dall’Ordine. L’esimio professionista quindi ha diramato: (Gazzetta Matin del 7 c.m). “l’avvocato ha l’obbligo, disciplinarmente sanzionato in caso di violazione, di segnalare ai clienti la possibilità di usufruire del patrocinio … L’istanza di patrocinio va presentata personalmente o tramite il legale che si sceglie liberamente, con il cliente che deve presentare un’autocertificazione del reddito e l’avvocato deve limitare ad autenticarne la sottoscrizione in calce alla domanda. L’analisi delle domande spetterà poi alla commissione costituita presso il Consiglio dell’Ordine degli avvocati che lavora gratuitamente e insieme alla segreteria dell’Ordine stesso che viene pagata dagli Avvocati per esercitare questa funzione sociale, ammette in via provvisoria i cittadini al beneficio. I controlli sulla correttezza della domanda e del provvedimento spettano poi al Tribunale di Aosta e all’Agenzia delle Entrate. Per questi motivi, il richiesto intervento disciplinare del Presidente sull’attività e il ruolo che gli avvocati svolgono in questa procedura è fondato su una non piena conoscenza del ruolo e delle funzioni degli stessi e dell’organo costituito all’interno del Consiglio dell’Ordine. Tengo a ripetere che lavoriamo non solo gratuitamente, ma addirittura con oneri ad esclusivo carico degli avvocati iscritti all’Ordine”.

***

Conosciamo bene la legge, se non altro per l’attività che svolgiamo da oltre vent’anni, a tutela di soggetti vittime di abusi e di strumentalizzazioni, ma soprattutto conosciamo le finalità che il legislatore ha voluto raggiungere, finalità disattese per distrazioni generalizzate, che finiscono poi per aggravare la spesa pubblica. Diritto sì, ma vigilato e controllato in nome e per conto di tutti quei cittadini che da Aosta a Palermo lo mantengono con la propria tasca. Il cittadino si fida e delega e spetta a tutti coloro che sono investiti del merito e delle procedure tutelare il corretto uso dei benefici messi a disposizione dei meno abbienti o presunti tali, ma non dei furbi. Il Patrocinio a spese dello Stato è un diritto, ma le dichiarazioni mendaci dell’aspirante sono un reato penale (art. 537 c.p.p) anche quando tali dichiarazioni risultino ininfluenti sull’ammissione al beneficio. “L’omessa indicazione di qualsivoglia reddito proprio e familiare da parte dell’istante – sentenzia il tribunale di Campobasso il 12-16.2.2016 - e la dichiarazione mendace resa in sede di istanza di ammissione e di dichiarazione sostitutiva di notorietà che, … in quanto atta ad ingenerare un inganno “potenziale” è un reato di pericolo e pertanto sussiste “anche quando le alterazioni od omissioni di fatti veri sono ininfluenti ai fini della ammissione al beneficio” (cfr. Cassazione a Sezioni Unite, sent. n. 6591/2009 del 16.2.2009; ex art. 47 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445; ex art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002)

Rientrano nel reato di falsità ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato “anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici” (Cass. pen., IV, sent. n. 20580 del 27/01/2011).

Il legale ha sì l’obbligo di informare il cliente sull’esistenza del patrocinio gratuito, ma anche il dovere deontologico di far presente che si debbano dichiarare anche i redditi da lavoro in nero o da attività non dichiarate. Le dichiarazioni mendaci danneggiano gli onesti cittadini che potrebbero restarne esclusi, per la limitazione del badget messo a disposizione dallo Stato. La legge non vieta al professionista di svolgere anche la funzione di controllo. Ciò rientra nei doveri pubblici di chi riceve danaro sotto diverse voci.

Tutti hanno il dovere di dichiarare onorari o rimborsi a qualsiasi titolo, perché tutti partecipano a formare il badget per il gratuito patrocinio. Eppure i furbi non li dichiarano e quindi evadono, mentre i buon temponi, per timore dello Stato, dichiarano e pagano.

L’associazione vive la vita difficile e grama di tanti genitori finiti sul lastrico per colpa della Giustizia che non funziona e dei satelliti istituzionali che girano intorno.

Il nostro articolo ha voluto porre all’attenzione di chi di dovere la pratica dell’uso sconsiderato dell’istituto del gratuito patrocinio (Costituzione art. 24), nato per nobili intendimenti, ma che si sta radicando nel solco del famoso detto “Fatta la legge trovato l’inganno”.

Siamo convinti della bontà delle precisazioni del Presidente dell’Ordine degli avvocati di Aosta, ma auspichiamo che le Istituzioni di controllo, a cominciare dalla Corte dei Conti, all’Agenzia delle entrate, alla Polizia tributaria, all’Ispettorato del lavoro, ai Tribunali prestino più attenzione alle dichiarazioni dei redditi dei cittadini, senza distinzione di genere, che affrontano il problema della separazione. Specialmente di quei cittadini che in Valle d’Aosta lavorano e/o collaborano con istituzioni o associazioni che beneficiano di contributi regionali e disattendono le richieste di accesso agli atti, per non far conoscere il reddito percepito da una dipendente, se è tale, mettendo in disperazione l’ex. E’ protezione o altro?

Questa pericolosa cultura deve finire! Non intendiamo avallare situazioni che già in passato hanno fatto vittime per gesti estremi. Il gratuito patrocinio è un diritto, che deve essere esercitato e concesso nel rispetto del principio del buon uso del danaro pubblico, in favore di chi ne ha diritto.

L’Ordine non ce ne voglia. (U.V.)

 
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Mercoledì 18 Aprile 2018 18:33

Fare subito chiarezza su una inaccettabile e assurda vicenda!
A seguire il parere giuridico dell'avv. Gerardo Spira


Due bambini da Roma collocati

in una casa rifugio in Sicilia


Una madre, artista circense stanca di quel mondo, vuole ritornare in Olanda con i figli di 13 e 11 anni ed abbandonare il compagno e il mondo in cui i bambini erano nati e cresciuti. Il compagno (artista circense, italiano) non si oppone al suo ritorno in Olanda ma non è d’accordo a lasciarle. Anzi la informa che se si allontanerà sottraendogli i figli farà di tutto per riprenderli con sé.

La donna, all’insaputa del compagno, si rivolge al centro antiviolenza romano “Telefono Rosa”, affiliato alla ampia rete di genere e alle Pari opportunità nazionali, ed una loro legale le prepara la querela da presentare ai Carabinieri dove si dice che il padre sarebbe violento non solo contro di lei (ma si guarda bene dal fornire la dovuta documentazione di medici e/o dei ricorsi al pronto soccorso) ma anche contro i figli e le fa chiedere la loro collocazione in un centro-rifugio ad indirizzo segreto e un provvedimento che vieti al padre di poterli vedere ed incontrare.

Un classico nella sottrazione dei minori al genitore, quasi sempre il padre, a seguito delle denunce dell’altro per maltrattamenti. Fatti dichiarati, spesso generici e facenti parte della dialettica genitoriale, mai documentati perché la donna denunciante dichiara di temere la reazione violenta del marito/convivente.

Tribunale per i Minorenni di PalermoI figli e la madre vengono spediti, in appena un giorno dalla denuncia, in una struttura di Favara (AG) che da due anni è sotto inchiesta da parte della Procura della Repubblica per episodi di violenza sulle ospiti e in presenza dei loro figli avvenuti dal 2011 in poi! Dopo 6 giorni, la P.M. chiede al Tribunale minorile palermitano la conferma della collocazione, il divieto di avvicinarsi ai minori da parte di chiunque, l’iter per la decadenza del padre dalla responsabilità genitoriale. Il tutto, ovviamente, basato su fatti generici e quasi sempre identici in certe situazioni dove mancano ragion i calzanti, senza alcun riscontro oggettivo. Il Tribunale, senza porsi alcun problema, accetta in toto le richieste della solerte P.M. del Tribunale per i Minorenni di Palermo.

E qui arriva il bello.

La struttura era sotto indagine da parte della Procura della Repubblica presso il tribunale di Agrigento per maltrattamenti verso gli ospiti che continuavano dal 2011! Dopo appena venti giorni alla struttura vengono messi i sigilli e i minori spediti, nuovamente, in un’altra struttura, sempre ad indirizzo segreto, collocata in un’altra provincia siciliana. I genitori verranno sentiti da un giudice onorario del T.M. palermitano solo dopo tre mesi dal momento in cui i minori sono stati sottratti al padre e ai suoi parenti.

Nasce spontanea una domanda: chi doveva controllare queste case-rifugio segrete di Agrigento? Sicuramente ai Tribunali che vi collocano i minori e, sovente, con la loro madre! Il pubblico ministero che ha chiesto la conferma della loro permanenza in una struttura le cui criticità erano sicuramente note agli ”addetti” al controllo e tutela dei minori.

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Giovedì 12 Aprile 2018 15:29

Riceviamo e pubblichiamo

Considerazioni sulla “Carta dei diritti nelle separazioni”,

formulata dalla nostra associazione nel 2000 (in diritto.it)

 

I figli da sempre “sò piezz e core” per i genitori

mentre per troppi giudici appartengo alla Società


Già nel 2000 venivano sollevati problemi di merito della Giustizia. La società allora era molto più avanti nell’interpretazione della problematica, manteneva i piedi del diritto nella problematica evolutiva della società. D’altra parte allora come oggi le critiche che si sollevano contro le Istituzioni in generale e la Giustizia in particolare riguardano la incapacità a risolvere le questioni, neppure secondo la normale cultura del buon senso.CARTA DEI DIRITTI NELLE SEPARAZIONI

La Vostra “Carta dei diritti nelle separazioni” del lontano 2000, redatta molto prima della legge 54 del 2006, aveva colto e riassunto tutti gli aspetti della questione che sorgevano con i conflitti di coppia.

Il documento, di particolare pregio, va riletto, si raccorda al protocollo che oggi si sollecita da parte nostra e condiviso, in quasi tutto il Paese. I minori innanzitutto e l’articolato si muove in questa direzione. Fu un intuito per sentito dire o lo spunto di vita vissuta? Penso che sia stata l’uno e l’altro. La crisi della famiglia è salita ancora più in cima, invadendo come un fiume in piena ogni casa. Nessuno può dirsi immune. La Giustizia che ha in mano il problema ha avuto a disposizione strumenti e organizzazione pubblica per incanalare la questione nell’alveo dei principi internazionali e in quello sempre ricordato dalla Carta costituzionale verso la tutela del concetto di famiglia. Invece la giustizia ha corso dietro ad un’altra teoria, quella, come panacea di tutti i mali, di far nascere le case famiglia ove dirottare “il frutto del fastidio” con la scusa della incapacità genitoriale. La soluzione mi richiama, anche se stranamente, quella abiurata di un’epoca di insana memoria, della cosiddetta e storica soluzione finale.

Ho timore che un giorno la nostra generazione vittima di tanta infamia, assunta col timbro della legalità, punterà il diritto contro tutti coloro che hanno segnato la loro rovina. Molti non ci saranno, e forse se ne andranno anche con la convinzione di aver fatto il proprio dovere. Come tanti gerarchi di quella infausta epoca. Dopo la legge 54 che avrebbe dovuto permettere il sereno raccordo verso il riconoscimento della potestà genitoriale per una pacifica convivenza dei rapporti dopo la separazione, soprattutto per la tutela del minore, spuntano e crescono come funghi le case “ricordo” di un’epoca maledetta.

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Venerdì 23 Marzo 2018 17:34

Ai figli spetta lo stesso tenore di vita antecedente la separazione dei genitori


Le contraddizioni della Cassazione

sull’assegno di mantenimento dei figli



avv. Francesco Valentini*

La Cassazione civile (ordinanza n. 3922/2018) afferma che il giudice, nel determinare l’assegno di mantenimento dei figli, debba tenere conto del tenore di vita da loro goduto durante la convivenza con ambedue i genitori, cioè quando erano in due a sostenere le spese della famiglia. Il venir meno della convivenza significa che ciascun genitore dovrà provvedere alla nuova famiglia e non avrà più a sua disposizione il precedente reddito complessivo del nucleo familiare che d’ora in poi sarà scisso per mantenere non una ma ben due famiglie. Inevitabilmente, ciò comporta anche che le esigenze dei figli dovranno adeguarsi a questa nuova realtà e non potranno più contare su un tenore di vita che non ci potrà più essere. Ma ai giudici della Cassazione ciò non sembra essere rilevante.

Stabilire, infatti, che i figli dopo la fine della convivenza dei genitori abbiano diritto allo stesso tenore di vita precedente vuol dire penalizzare il genitore che deve provvedere all’assegno di mantenimento per la prole e che quasi sempre viene estromesso dalla casa familiare, anche se ne è proprietario.

Certo, se le finanze dei due genitori possono permettere ai figli lo stesso tenore di vita della convivenza, è giusto che si garantisca loro tutte le esigenze a cui erano abituati. Se, però, il genitore non collocatario ha un reddito che non gli permette nemmeno di arrivare alla fine del mese, come si può costringerlo “ad assecondare le inclinazioni e/o le aspirazioni dei figli”?

Il giudice chiamato a definire l’entità dell’assegno di mantenimento per i figli, per essere equo verso la prole e verso entrambi i genitori, oltre a quanto già previsto dal codice civile, necessariamente dovrà tener presente di alcuni imprescindibili fattori e/o indicatori, quali:

- le obbligazioni economiche assunte durante la convivenza a cui il genitore non collocatario deve adempiere

- i costi che lo stesso (spesso titolare della casa familiare utilizzata esclusivamente dall’altro genitore con i figli) deve sopportare per una nuova abitazione idonea per lui e per ricevere i figli quando sono con lui e deve valutare l’incidenza sul reddito delle nuove utenze per la casa

- l’assegno di mantenimento per i figli, destinato a coprire i loro costi ordinari mensili, deve essere ripartito equamente, secondo il principio della proporzionalità, tra i due genitori poiché il collocatario non può sottrarsi al dovere di mantenimento della prole e il giudice, nel determinare l’entità dell’assegno, non può prescindere dalla corresponsabilità economica di ambedue i genitori. Altrimenti, se il mantenimento richiesto gravita esclusivamente sul genitore costretto di fatto a vivere fuori casa, l’obbligazione diventa assurda e si trasforma in un celato assegno di mantenimento all’altro genitore e/o pagamento dell’attività genitoriale del collocatario.

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Mercoledì 21 Marzo 2018 19:39

Perugia: al comune


Chiediamo di applicare la legge

non inciuci ai danni dei minori


avv. Gerardo Spira *

 

L’estensore del Protocollo e/o Regolamento dell’attività dei servizi sociali, sia a livello regionale che comunale, avv. Gerardo Spira, in nome dell’Associazione, di cui condivide scopi e finalità , visto l’enorme ritardo sull’argomento proposto dal Consigliere prof. Sergio De Vincenzi e avuto riguardo della gravità della situazione che incalza le famiglie separate ed i minori,  invita il sindaco del comune di Perugia, avv. Romizi, l’assessore ai Servizi Sociali, sig.ra Cicchi, e il presidente della I commissione consiliare, sig. Fronduti., e tutti i consiglieri di maggioranza e minoranza  a rimuovere, ognuno per la propria competenza, gli ostacoli che impediscono alla commissione di procedere nell’iter della mozione, in parte discussa, e  posta a riposo. La proposta, depositata da oltre un anno “circola” maldigerita tra gli atti del comune in attesa di essere definita nel regime di disciplina dell’attività dei servizi sociali in materia minorile, molto sentita da gran parte dei cittadini colpiti dal pesante problema della separazione. Il lungo e ingiustificato ritardo porta inevitabilmente a sospettare della volontà di affrontare l’argomento, che comunque la legge 241/90 prevede tra quelli obbligatoriamente da regolamentare.

La posizione del consigliere regionale dell’Umbria Sergio De Vincenzi, sul problema dei minori, assume un contorno di forte impatto politico nel momento in cui i partiti contano le perdite sul terreno elettorale. Seguiamo con particolare interesse la questione, perché finalmente un politico di levatura regionale, anche comunale, si è fortemente caricato del problema della famiglia divisa, incanalando la questione sulla strada della trasparenza legale. L’applicazione della legge non è questione politica.

Con l’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori abbiamo, da quasi quattro anni impegnato l’attenzione sulla disattesa problematica, sviluppando un discorso orientato al rispetto delle regole che la legge ha imposto ai comuni e di conseguenza ai servizi sociali.

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Mercoledì 21 Marzo 2018 19:38

Perugia: inquietante comunicato stampa-denuncia

del consigliere comunale prof. Sergio De Vincenzi


La giunta boicotta la tutela dei minori


“E’ inaccettabile – scrive il consigliere di maggioranza - la plateale volontà di alcuni membri della nostra maggioranza di bloccare importanti interventi in favore della famiglia e dei minori. A quasi un anno dalla presentazione dell’atto e dopo mesi di ripetute sollecitazioni, sia al presidente della commissione Fronduti che all’assessore ai Servizi Sociali Cicchi, la discussione sul Regolamento comunale per la tutela dei minori non è ancora stata riconvocata. Un comportamento sprezzate nei confronti delle famiglie perugine che attendono risposte credibili da parte della nostra Amministrazione, ma anche di tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione, che in sede di commissione avevano pienamente condiviso la necessità di elaborare delle linee guida a tutela dei minori nei procedimenti di separazione o divorzio dei genitori”.

“Ma ancora più grave – afferma il consigliere (Gruppo Misto) e presidente di UmbriaNext - è il comportamento subdolo e ambiguo di alcuni membri della maggioranza che, nonostante la convergenza di tutte le forze politiche, ostacolano le audizioni necessarie a riattivare la discussione e, al tempo stesso, promuovono vuoti incontri pubblici sulla tutela dei minori, che incidono in modo assolutamente ininfluente sulle politiche del welfare”.

“La sensazione – conclude De Vincenzi – è che l’Assessorato alle Politiche Sociali stia brancolando nel buio, senza avere chiaro cosa significhi sostenere con atti concreti le famiglie e ancor più tutelare i minori”.

 
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Mercoledì 21 Marzo 2018 12:05

Riceviamo e pubblichiamo


Miracolo! Oggi tutti parlano del papà


Tutti se ne ricordano. Nelle scuole italiane i maestri sono impegnati a dettare il tema di svolgimento per mettere in gran risalto la figura del padre. Disegni e immaginazioni suggeriti e sviluppati nella affannosa ricerca tra le elementari. Una mostra di fogli colorati e tante espressioni nascoste tra le righe, le figure e tra i colori, forzatamente impastati, sovrapposti, chiari e scuri. La mente dei bambini, è un miracolo della natura che dice sempre la verità se la lasci libera e non la manipoli. E quando tenti di farlo, viene fuori il pastrocchio. Tema: parla del tuo papà. Luca ha subito cominciato a scrivere. Il mio papà fa l’avvocato.., Antonio, il mio papà ha una rivendita in piazza.., Giovanni e Giuseppe non scrivono. Sono bloccati e rigidi come di pietra, con lo sguardo fisso sul banchetto e con la penna stretta nel pugno della mano, rosso per la tensione. La maestra, girando allegra e vistosamente soddisfatta si avvicina per chiedere ad entrambi silenziosamente il motivo di tanta riflessione. Giovanni, con una voce tremula e mortificata: maestra, il mio papà è disoccupato, non trova lavoro.., Giuseppe, maestra, pausa, con lo sguardo nascosto sul banco, il mio papà si è suicidato e ho saputo che lo ha fatto per me.., Antonio, quello del banco accanto, invece ha scritto che lo vede di tanto in tanto in una sala riservata di un bar alla presenza di una assistente sociale. Che palla, quella è sempre tra i piedi.  Francesco scrive che incontra il suo papà in un grande salone, pieno di giochi, dove ci sono altri bambini e vi sono uomini e donne in divisa che girano in continuazione. La maestra sa del carcere.

In questo festoso clima la scuola, ristoranti e convegni ricordano la festa del “povero” S. Giuseppe. Giudici, avvocati, impiegati, professionisti, lavoratori e disoccupati, tutti impegnati a montare questa giornata come esempio di un mondo, giusto, opportunamente uguale e civile. Montatura per coprire ipocrisie e falsità, e il fallimento di una società stracolma di brutture cultuali e morali.

Tema: bambini parlate e riportate su fogli le immagini di vita, dei rapporti con il vostro papà. Scrivete tutto ciò che pensate. Dopo lo svolgimento del compito, compaiono sui muri soltanto alcune espressioni, quelle più rappresentative, si dice, della cultura condivisa. Condivisa da chi? Non è dato di sapere. E le altre? Le altre vengono gelosamente conservate agli atti e nascoste agli occhi indiscreti. Domani, si cambia.

S. Giuseppe è passato, se ne riparlerà nel 2019.

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Lunedì 19 Marzo 2018 19:22

19 marzo per i separati


Festa del papa o dell’ipocrisia?

 

di Ubaldo Valentini

Si continua a parlare di una festa creata alcuni decenni or sono per ricordare che nella società italiana esiste anche il papà: una figura, però, da non prendere troppo sul serio perché la mamma è sempre la mamma. La Chiesa ha impiegato 15 secoli per festeggiare liturgicamente S. Giuseppe come padre “putativo” del Salvatore. Il padre è una figura “marginale” che non deve offuscare la figura materna da sempre considerata l’”angelo (guida, messaggero) del focolare (famiglia) a cui era demandata l’educazione dei figli secondo una ferrea tradizione culturale cristiana.

Il lavoro del padre, in passato ma anche ora, era ritenuto un atto dovuto mentre l’educazione veniva considerata ben altra cosa che mal si addiceva al padre e solo la donna poteva svolgere questa funzione per tramandare l’educazione cristiana e salvaguardare la famiglia, per salvaguardare la cultura borghese. In tutti questi secoli, però, la sostanza di questo pregiudizio è rimasta inalterata: solo doveri e tanti diritti ma solo sulla carta.

Sono passati i secoli, la società ha riscattato la propria autonomia di pensiero e di azione e la persona è divenuta fondamentale per costruire una società libera e a misura d’uomo, cioè una società che, pur talvolta sbagliando, non rinuncia a migliorare la condizione sociale dell’umanità. Una società laica che considera la religione non più come una imposizione ma come una scelta individuale e che si regge su principi etici fondati sull’uomo. La famiglia, in questo ambito, è un valore che va difeso e sottratto alle confessioni religiose e alle ideologie di genere che, con pretesti vari, cercano di estromettere il padre dalla vita dei propri figli.

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