Giovedì 21 Novembre 2024 16:45 |
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20 novembre
Ha ancora senso la Giornata dell’Infanzia
e dell’Adolescenza?
Una ritualità, quella della ricorrenza del 20 novembre, per celebrare i diritti negati all’infanzia e agli adolescenti, che si è trasformata nella raccolta di fondi per la tutela dell’infanzia del terzo mondo e per sollecitare anche i lasciti testamentari ai vari organismi, compreso l’Unicef, che dichiarano di operare per la sopravvivenza dell’infanzia, ma che, puntualmente, non ci dicono che fine fanno le somme raccolte e i lasciti e nemmeno ci rendono edotti dei costi gestionali di organismi che si basano sul volontariato, ma che pagano, anche saporitamente, i responsabili e dirigenti di questi organismi.
La Convenzione Onu sui diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, nonostante sia stata ratificata dalla maggior parte degli stati del mondo, ancora non è pienamente applicata. La ricorrenza viene celebrata con solennità, ma anche con molta inutile ritualità, perché i problemi dell’infanzia e dell’adolescenza non si risolvono solo con le offerte pecuniarie e i lasciti testamentari, ma necessitano anche di una vasta e sostanziale cultura del rispetto dei minori che presuppone l’educazione dei genitori ad essere genitori responsabili della loro procreazione.
Le problematiche dell’infanzia e dell’adolescenza non possono essere identificate solo con la loro sopravvivenza nei paesi poveri e in via di sviluppo, ma devono essere riportate nell’ambito delle mancate politiche a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, così come prevede la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991, con la Legge n. 176.
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Giovedì 21 Novembre 2024 16:39 |
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Affido: è imprescindibile la chiarezza dei ruoli
tra genitori, istituzioni, tribunale e servizi sociali
Si parla dei minori con tanta facilità e con tanta saggezza domestica, come se la psicologia dell’età evolutiva, la pedagogia e la sociologia siano remote scienze annientate dal pressapochismo dominante in ogni settore della società. La tutela dei minori e dei diritti genitoriali, però, sono ben altra cosa e non sottostanno alle mode che una dominante pseudo-cultura incentrata sull’effimero vorrebbe spacciare per valori esistenziali. I figli non sono oggetti, né di un genitore e nemmeno di istituzioni il cui etico ruolo per la loro tutela, talvolta, è annientato da un bieco risvolto economico, ma sono persone, fin dal loro concepimento e, come tali, vanno rispettate, sempre ed ovunque.
La società, soprattutto quella locale, ha il dovere di vegliare sul rispetto dei diritti dei minori e dei loro genitori per garantire loro una crescita equilibrata, positiva e propositiva, per meglio valorizzare le proprie capacità umane e professionali e per meglio guidare una società che dipenderà proprio da questi minori, che, oggi, con molta facilità, ignoriamo e, talvolta, perseguitiamo col sostituire i nostri egoistici tornaconti ai loro reali, ideali, interessi.
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Venerdì 08 Novembre 2024 19:01 |
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La giustizia ingiusta nei tribunali italiani
Anche molti giudici dell’affido fanno tanta politica
e applicano il diritto che dovrebbero far rispettare
Si fa un gran parlare della mancata autonomia di una certa magistratura che, invece di decidere con il codice in mano, fanno spudoratamente politica nell’amministrazione della giustizia. Lo fanno quotidianamente, quando la loro discrezionalità si trasforma in una sfacciata discriminazione verso i minori e verso il loro padre, poiché tengono presenti solo gli interessi di una parte privilegiata di cittadini, la madre, e snobbano i diritti genitoriali, negati sempre ad un solo genitore.
L’affaire politica nell’amministrazione della giustizia, pertanto, riguarda – e molto – non solo i grandi temi sociali, ma anche le separazioni e gli affidi, numerosissimi, dove non conta tanto il diritto sancito dalla Costituzione e dal Parlamento e le indicazioni delle Convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, quanto le radicate convinzioni ideologiche di tanti giudici che discriminano con troppa facilità il padre. Il problema è vecchio e da circa tre decenni denunciamo la giustizia ingiusta dei giudici che interpretano la legge a favore della madre e considerano il padre solo un bancomat, di fatto, senza alcun diritto sulla sua paternità e senza tutelare la bigenitorialità e la cogenitorialità, come la legge prevede e come la giurisprudenza continuamente ci ricorda, ma invano.
Quando le richieste motivate di un genitore che richiede pari dignità genitoriale vengono disattese (arrivando anche alla beffa di rigettare le sue istanze, condannandolo al pagamento delle spese legali della controparte), senza l’apertura di un vero e proprio procedimento sulle sue denunce e sulle dichiarate ingiustizie subite da lui e dai suoi figli, non si applica la legge ma si interpretano preventivamente i fatti in funzione di un solo soggetto e, così, si diviene promotori di una giustizia ingiusta. Passeremo in rassegna le sentenze di troppi tribunali italiani che sfacciatamente discriminano i minori negando loro la bigenitorialità e negando, al padre, la cogenitorialità.
In questo intervento segnaleremo alcuni (dei tantissimi) comportamenti di alcuni magistrati molto politicizzati e poco professionali nell’applicare la legge per tutti e non solo per gli amici che, imperterriti, continuano a gestire la giustizia ad Aosta con una discrezionalità che potrebbe anche rischiare di essere una giustizia ingiusta poiché diviene una discriminazione verso i minori e il loro padre. Nei prossimi articoli andremo ad analizzare altri esempi della cattiva giustizia o meglio della malagiustizia praticata da alcuni giudici in troppi tribunali italiani.
Aosta ne è un significativo esempio e, per dimostrare la fondatezza delle nostre asserzioni, ci atteniamo ad alcuni dei tanti fatti denunciati e dai tanti abusi subiti da impotenti genitori estromessi dalla vita dei propri figli. Premettiamo che non tutti i giudici del piccolo tribunale valdostano (molti dei quali inamovibili da decenni nonostante le denunce dei cittadini) si sono comportati come politici piuttosto che come magistrati e ci sono stati esempi di presidenti attenti nell’affido dei minori e di giudici molto competenti nel valutare i singoli casi e, con coraggio, hanno formulato provvedimenti correttivi per far sì che la giustizia ritornasse ad essere giusta. Purtroppo questi operatori della giustizia familiare sono stati destinati (o, probabilmente, lo hanno chiesto loro stessi, forse per intollerabili pressioni) ad altri settori ed anche lì hanno evidenziato la loro professionalità nell’applicare il diritto, caso per caso.
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Giovedì 31 Ottobre 2024 16:38 |
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Giovedì 31 Ottobre 2024 16:37 |
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La Legge va applicata per tutti
e non interpretata per gli amici
La legge è uguale per tutti, come ci ricorda la troneggiante scritta nelle aule dei tribunali, era un nobile desiderio dei padri costituzionalisti che, da decenni, si è trasformato in uno stratagemma per nascondere una terribile verità, come sottolinea con amarezza la saggezza popolare: la legge di applica ai nemici (e a chi non ha santi in paradiso) e si interpreta per gli amici. Non abbiamo nulla contro i magistrati onesti e rispettosi del diritto italiano, ma non possiamo sottacere lo scellerato abuso che troppi giudici fanno dei diritti umani, soprattutto nell’affido dei minori. Chi frequenta i tribunali ne ha continuamente la riprova che la giustizia è ingiusta, come denunciava già vent’otto anni fa il prof. Antonio Sonatore prima di darsi fuoco dinnanzi al tribunale di Aosta per denunciare la paternità negata da interessi ancora tutti da chiarire poiché, come purtroppo sappiamo, anche le sentenze non sempre corrispondono a verità.
Ma ritorniamo alla saggezza popolare che ha bollato come abuso l’anomalo comportamento di troppi magistrati che, non sempre a loro insaputa, si rendono responsabili delle discriminazioni consolidate nei confronti di un solo genitore (sempre il padre per il 94% dei casi) preferendo, sempre e nonostante tutto, la madre come “custode” dei figli anche quando i fatti dicono ben altro. Inutili sono le denunce (definite con disprezzo “lagnanze” da alcuni arroganti e incompetenti giudici) dei padri estromessi dalla vita dei figli perché le loro denunce invece di aprire una seria e approfondita indagine, come la legge e la giurisprudenza con chiarezza sottolineano, si affrettano a ignorare quanto fatto presente dal genitore non collocatario o frettolosamente le archiviano, condannato lo sfortunato padre a rifondere le spese legali all’altro genitore. Una beffa che non può continuare a passare inosservata per i pressanti interessi delle lobby che speculano su questa giustizia ingiustizia con una serie di inutili organismi, fortemente costosi per i cittadini, che l’ordine forense non osa contestare e che la politica volutamente ignora come se la giustizia sociale non sia di sua pertinenza.
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Giovedì 31 Ottobre 2024 16:32 |
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Lettera aperta ai candidati alla presidenza regionale
Vi siete dimenticati dei separati e dei loro figli?
I programmi elettorali degli aspiranti alla presidenza regionale si sono dimenticati, tutti, di una emergenza sociale che, da decenni, viene trascurata per i veti incrociati delle potenti lobby femministe e di quelle che gravitano, condizionandoli in modo fortemente negativo, i servizi sociali, divenuti intoccabili, e per le ingerenze confessionali, in cerca di credibilità, massoniche influenti nei tribunali e politiche che considerano il servizio sociale pubblico – nelle separazioni, con il malessere dei minori e del genitore estromesso dalla loro vita – come un serbatoio di voti per le elezioni. Non si tiene conto che la scarsa partecipazione al voto è dovuto anche al disinteresse delle forze politiche alle forti e diffuse discriminazioni subite dai futuri amministratori della società umbra, oggi ancora minorenni, e del loro genitore non collocatario.
La mancata visione di chiari programmi politici, che tengano conto dei disagi e dell’emarginazione dei genitori separati (in Umbria oltre il 65%), è alquanto significativa ed è anche preoccupante, perché, di fatto, non si tiene conto del futuro della società umbra.
La nostra associazione, con sede in Umbria ma opera da 27 anni in tutta Italia, da sempre ha espresso critiche al mal funzionamento della giustizia in Umbria, la giustizia ingiusta, soprattutto nell’ultimo decennio, sul mancato rispetto della paternità e sulla tutela dei minori e della maternità (quella corretta, però), sull’inaccettabile comportamento dei servizi sociali, che si sottraggono al rispetto della L. 241/1990, sulla mancanza di un dibattito politico pubblico sulla emergenza minori (la stragrande maggioranza delle baby-gang sono figli di separati) e sulla insostenibile situazione dei padri, ridotti alla miseria e all’accattonaggio. Il malfunzionamento dei servizi sociali e della giustizia è riconducibile alla mancanza dei dovuti controlli e dai relativi provvedimenti per rendere il loro operato trasparente, non discriminante di un genitore e per verificare la reale professionalità degli operatori, nessuno escluso, e se esistono le garanzie di rispetto del cittadino. L’offerta propagandistica di una casa per i separati, creando, talvolta, dei veri e propri ghetti, non è la risposta ai problemi dei minori e dei separati, ma occorre una diversa cultura dell’affido e della giustizia sociale, a cui nessuna forza politica può sottrarsi.
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Giovedì 24 Ottobre 2024 09:01 |
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Il ruolo insostituibile della scuola
per attenuare i disagi dei figli dei separati
La scuola ha un ruolo indispensabile nel contenere i pericolosi disagi di tantissimi figli di genitori non più conviventi e per svolgere positivamente tale compito occorre una accurata e polivalente preparazione, non influenzata da strane teorie, spesso improvvisate e create per ridurre la portata dei disagi che stravolgono l’esistenza di minori, lasciati dai genitori in balìa di sé stessi. Aver reso nulla la presenza del padre (il 94% dei minori vivono con la madre), nonostante che le leggi, invece, parlino di rendere effettiva la bigenitorialità e la cogenitorialità, ha voluto dire incrementare questa pericolosa situazione dei minori.
La prima agenzia educativa resta la famiglia, che, anche quando non esiste più la convivenza dei genitori, non può sottrarsi a questo dovere naturale e istituzionale e tantomeno può esporre i minori ai variegati desiderata del genitore affidatario e/o collocatario, che considera prevalentemente i figli non come una risorsa umana e una persona, ma come una convenienza economica. La società, poi, è dominata dalla cultura che, in concreto, sostiene che i diritti dei figli, in base ad una prassi che nega il diritto dei minori ad autodeterminarsi, vengano solo dopo quelli del genitore presso cui sono costretti a vivere.
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Venerdì 18 Ottobre 2024 09:24 |
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Regione Valle d’Aosta
L’assessore Marzi nega
la violenza familiare sugli uomini
Il consigliere regionale Andrea Manfrin, constatata l’esistenza in Valle d’Aosta di numerosi uomini vittime di violenza e dopo che anche il piano per la prevenzione della violenza regionale arriva a denunciare la carenza di strutture e supporti per queste situazioni, ha presentato una interpellanza alla giunta regionale per chiedere l'apertura di un Cav dedicato agli uomini.
Durante la discussione dell’interpellanza, l’assessore ha risposto che la violenza sugli uomini non rappresenta un allarme sociale, ignorando sia i casi di cronaca che il consigliere Manfrin aveva citato, sia i dati dell'unico studio condotto, che evidenziano come il 25% delle violenze avvenga anche ai danni di uomini. Una risposta pilatesca disarmante e preoccupante per il dispregio verso i cittadini in difficoltà ed ancor più preoccupante è il disinteresse totale verso queste problematiche da parte di tutti gli altri consiglieri regionali, compresi quelli che vorrebbero farsi passare per paladini “degli ultimi”.
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La risposta dell’assessore Marzi (noto per il suo totale disinteresse nei confronti delle impellenti richieste dei separati che chiedono una vera tutela dei propri figli e una terzietà (non un discriminante schieramento di campo), la trasparenza dei servizi sociali, come legge pretende, nel riferire i fatti escludendo qualsiasi persecuzione verso i padri per assecondare le pretese materne. Il comportamento del responsabile valdostano delle politiche sociali evidenzia il disinteresse del suo assessorato verso una parte dei cittadini (molti dei quali sono stati suoi elettori e gli permettono di percepire i benefici economici di cui attualmente gode) è una palese offesa ai cittadini valdostani di sesso maschile che, a suo dire, non sono vittime di violenza e che, quindi, non necessitano di un apposito centro (cav) dove potersi recare per avere consigli ed essere tutelati, nonostante il rifiuto anche di solo ascoltarli da parte del centro antiviolenza esistente.
Non è chiaro conoscere a quale violenza si riferisca l’assessore e quali siano le sue fonti informative da cui trae le sue drastiche conclusioni che, in verità sono le stesse di chi gestisce l’antiviolenza di genere e tutti i finanziamenti pubblici che senza alcun riscontro degli amministratori regionali vengono elargiti a specifici centri, alle associazioni femministe, alle Pari Opportunità e a tutte quelle cooperative che orbitano nel lobbistico mondo sociale.
L’assessore Marzi non sa, inoltre, o fa finta di non sapere, che tutte le leggi vigenti sulla violenza fisica e psichica endofamiliare non fanno nessuna distinzione tra genere femminile e quello maschile e la violenza di genere è senza genere nel nostro ordinamento. Anche il cosiddetto “Codice Rosso”, in realtà, è privo di genere e prevede moltissime forme di tutela nei confronti delle persone vittime della violenza di genere, ma in nessun passaggio è orientato a prediligere un sesso rispetto all’altro.
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