Martedì 08 Aprile 2014 16:42 |
Aosta
Il dovere di non dimenticare
Il 7 aprile di 18 anni fa (giorno di Pasqua del 1996) davanti al tribunale di Aosta un padre separato, Antonio Sonatore, professore e psicologo di Aosta, si diede fuoco per protestare contro il giudice che gli aveva negato il diritto di essere padre e contro l’assenza delle istituzioni locali nei lunghi anni di lotta per rivendicare il suo naturale diritto-dovere di genitore.
Un gesto estremo - non condivisibile - che per la prima volta in Italia proponeva il dramma dei tantissimi padri separati che le istituzioni estromettono dalla vita dei loro figli. In tutto il mondo il 7 aprile, in ricordo del suo gesto, si tiene il World Memorial Day (Giornata Mondiale della Memoria) istituita nel 2006 dall’Associazione Figli Negati, per ricordare tutti i padri separati che si sono tolti la vita, ritrovandosi umiliati ed impotenti dinnanzi alle ingiuste separazioni che li estromettevano – di fatto – dalla vita dei loro figli.
Il gesto di Antonio Sonatore ebbe grande risalto sui media nazionali e in Aosta la gente comune – non le istituzioni – per molti giorni continuò a portare un fiore giallo sul luogo del tragico gesto, volendo così sottolineare la vicinanza a quell’uomo amato e stimato da tutti e che tutti da mesi avevano visto sfilare in piazza con cartelli che spiegavano la sua emarginazione genitoriale.
Lo scorso anno, nel 17° anniversario, i padri separati di Aosta (facenti parte dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori) e singole persone depositarono nello stesso luogo una corona di fiori e fiori gialli per ricordare, con Antonio Sonatore, tutti quei padri che lasciati soli nella loro disperazione per la mancanza di pari opportunità genitoriali e per trattamenti giudiziari tanti discrezionali che finiscono per colpire sempre e solo il padre.
La Valle d’Aosta, quella che conta, non ama ricordare il tragico gesto di questo cittadino e ci hanno accusato di voler proporre l’atto di un suicida come esempio di paternità e un congiunto del prof. Sonatore ha fatto un esposto alla Procura della Repubblica perché, a suo dire, ricordare il gesto estremo di un padre che lottava per il diritto alla genitorialità è offendere i suoi familiari, cioè coloro che ben conoscevano il dramma che quel loro familiare stava vivendo e che da tempo manifestava pubblicamente contro chi, a vario titolo, gli avevano tolto il diritto alla paternità.
Nel 2016, ad Aosta si terrà una imponente manifestazione dei padri separati ed estromessi dalla vita dei loro figli per decreto dei tribunali e per ricordare il sacrificio di tanti padri – troppi purtroppo - che privati dei loro figli ed oppressi da ingiusti provvedimenti giudiziari si tolgono la vita.
Nei prossimi mesi l’associazione si farà promotrice, forse anche con pubblica petizione, per richiedere al comune di dedicare una via e/o un monumento ad Antonio Sonatore, il cui gesto, anche se non condividibile, va inquadrato nel forte dolore di un padre privato del suo inalienabile dovere-diritto alla genitorialità nell’indifferenza della comunità e, forse, delle stesse istituzioni. Alcuni artisti hanno dato la loro disponibilità per il monumento.
Un signore, assieme ad un suo amico, in questi giorni ci ha contattato per conoscere cosa avremmo fatto per ricordare Antonio Sonatore, apprezzato e stimato loro insegnante. I cittadini non dimenticano! Le istituzioni sì e vorrebbero far passare nell’oblio gesti scomodi.
Quando si verificano queste tragedie le responsabilità sono molteplici e nessuno può chiamarsi fuori: istituzioni, cittadini, amici e parenti. Questo sacrificio umano non ha indotto chi dovrebbe tutelare i minori e il genitore più debole a prestare più attenzione ai figli coinvolti nelle separazioni garantendo loro una equa presenza di ambedue i genitori, rimuovendo, anche con energia, gli ostacoli posti in essere dal genitore più forte. Aosta ne è, purtroppo, un triste esempio.
Certa stampa, poi, non indaga mai sulle profonde ragioni di gesti estremi, soprattutto se commessi dai padri. Un altro padre separato, la mattina del 6 gennaio di quest’anno, nel silenzio di tutti si è tolto la vita. |
Venerdì 21 Marzo 2014 16:37 |
Associazione “Giù le mani dai bambini” : San Benedetto del Tronto
8 marzo 2014
Abusi sui minori
come conseguenza della ordinaria violazione dei loro diritti e del diritto alla genitorialità nelle separazioni. Le responsabilità dei servizi sociali e dei tribunali. Oggi cosa fare?
di Ubaldo Valentini *
I relatori che mi hanno preceduto hanno evidenziato come i mali sociali quali plagio, pedofilia, violenze psichiche e fisiche, Pas, ecc.. e i conseguenti abusi sui bambini e sulle loro famiglie siano provocati, prevalentemente, dalla delinquenza comune ed organizzata e dalle sette pseudo-religiose abusanti che in Italia operano nella indifferenza di tutti e, troppo spesso, con la copertura delle istituzioni.
Per prevenire questi devastanti fenomeni, però, occorre andare oltre la “manovalanza” di persone senza scrupoli - strutturati in organizzazioni e/o potentati parareligiosi per meglio realizzare i propri fini abusanti - e ricercare anche coloro che, in modo più o meno indiretto, si sono resi responsabili del malessere dei minori e del genitore meno presente, mal gestendo istituzioni pubbliche evocate alla loro tutela: i tribunali e i servizi sociali.
Occorre, altresì, premettere anche alcune considerazioni sulle responsabilità e/o sulle assenze della famiglia e degli stessi genitori nella crescita dei minori abusati.
Esistono responsabilità ed inadempienze educative ed affettive dei genitori – non sicuramente di quello che subisce la violenza sui propri figli affidati o collocati presso l’altro - nell’abuso dei diritti dei minori che possono essere individuate - solo a titolo esemplificativo - nella loro eccessiva litigiosità canalizzata prevalentemente su questioni di coppia; nel non continuare a rispettare la centralità dei figli quando finisce un amore; nella scarsa considerazione delle ricadute sui figli che la separazione o la cessazione della convivenza conflittuale può avere; nella eccessiva preoccupazione degli adulti a ricostruirsi subito una nuova convivenza e/o famiglia senza considerare le ripercussioni che tali scelte potranno avere nel minore in difficoltà; nella ricerca di nuovi figli con altre persone o nell’accettazione in casa di quelli dell’altro/a partner; nel rifiuto di qualsiasi confronto mediato da terzi professionalmente competenti; nel sottovalutare il possibile disagio del minore, talvolta ben celato per non urtare il familiare con cui deve vivere o per non procurare ulteriori dispiaceri all’altro genitore; la latitanza delle istituzioni nel non verificare adeguatamente il contesto relazionale in cui il genitore affidatario e/o collocatario fa vivere il proprio figlio.
Accertata la situazione a rischio dei propri figli, il genitore meno presente (o talvolta addirittura estromesso) ha il dovere di chiedere immediati provvedimenti restrittivi nei confronti dell’altro genitore che non solo non tutela il proprio figlio, inserendolo in strutture plagianti e/o in sette schiavizzanti, ma che di fatto gli sottrae la figura insostituibile dell’altro genitore. Il padre, oltre ai minori, di fatto è la vittima di questi abusi che avvengono sempre, ripeto sempre, con il consenso, diretto o tacito, del genitore affidatario o collocatario.
Il fenomeno degli abusi psicologici sui minori, nelle famiglie separate o non più conviventi, non viene quasi mai preso in considerazione dai servizi sociali prima e dai tribunali poi, limitandosi a considerare, eventualmente, solo l’abuso sessuale.
Il plagio come reato non esiste più, ma le sue conseguenze nella formazione della personalità del minore sono deleterie e condizioneranno, più o meno marcatamente, tutta la sua esistenza con il rischio reale di divenire, talvolta, un disadattato sociale e un emarginato. Tutto ciò ha un assurdo costo umano sulla vittima, adulto di domani, ed un elevato costo economico per la società. Di questi aspetti se ne parla poco.
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Mercoledì 26 Febbraio 2014 17:19 |
Corte d'appello di Torino
Come la giustizia non tutela i minori
La Corte di Appello di Torino ha rigettato il reclamo avverso il decreto del Tribunale dei minorenni di Torino impugnato dalla nonna della bambina valdostana che, dopo nove anni di permanenza con sé (anche dopo l’improvvisa morte del padre), contro la volontà della minore e senza alcuna opera di preparazione è stata collocata presso la madre naturale che la richiedeva anche se in tutti questi anni non si era mai presa cura della figlia e non aveva mai versato una lira per il suo mantenimento, pur lavorando.
La nonna aveva fatto presente ai tribunali il trascorso della madre della nipote, le relazioni del Sert ed aveva contestato le relazioni dei servizi sociali del luogo che non avevano mai preso in considerazione le richieste della figlia, le segnalazioni della nonna, il rifiuto della madre a sottoporsi all’esame tricologico, le segnalazioni della pediatra nonché specializzata in neuropsichiatria infantile che denunciava il malessere della bambina quando, in qualche fine settimana, era costretta a restare con la madre in Aosta in casa del nonno materno. Una assistente sociale che seguiva la minore, su specifica segnalazione della nonna all’Asl, era stata sostituita per scarsa oggettività. Le relazioni della psicologa inviate al tribunale sono eloquenti da sole e meriterebbero una valutazione scientifica.
Nonostante tutto ciò, la sezione minorile della Corte d’Appello non solo non ha accolto la richiesta del procuratore generale che chiedeva l’audizione della minore e una Ctu per verificare il dichiarato malessere della minore ma ha anche rigettato il documentato reclamo. Le considerazioni che seguono vogliono solo evidenziare come, dinnanzi a fatti denunciati, occorra una diversa procedura di approfondimento per fugare qualsiasi sospetto di rischio per una minore che le istituzione devono tutelare, indipendentemente dalle asserzioni di una madre che stranamente ora rivuole la figlia quando in passato non aveva esercitato con entusiasmo la propria genitorialità.
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Lunedì 27 Gennaio 2014 16:46 |
Quando la separazione consensuale è dannosa
Assistiamo alla omologazione di separazioni consensuali con clausole che, oltre a prestarsi a varie interpretazioni, spesso sono impraticabili. Con crescente preoccupazione vediamo che il genitore non collocatario è costretto ad impugnare la separazione sottoscritta, talvolta solo dopo alcuni mesi, poiché quanto concordato non viene rispettato e il padre, quasi sempre lui, deve sottostare ai desiderata e/o ricatti della madre.
Nello specifico, il genitore affidatario impone un suo calendario di visite, sue modalità di attuazione, consapevole che il tribunale nei suoi confronti mai applicherà quanto previsto dall’art.709 ter c.p.c.. Accanto al mancato rispetto del diritto di permanenza dei figli col padre, sottoscritto con la consensuale, la madre non gli richiede il consenso preventivo sulle spese straordinarie, arrivando a determinare lei quali siano da ritenersi spese straordinarie e non esita a denunciarlo per “mancati alimenti” se non provvede a soddisfare i suoi imperativi economici. Si mette in piedi, così, un contenzioso penale che non tutti i padri possono sostenere non avendo le risorse per pagare i legali. Alcuni tribunali non esitano a condannare sempre il padre con multe e mesi di arresto convertibili in ulteriori sanzioni pecuniarie anche quando il loro rifiuto a pagare è motivato proprio dalla mancanza di soldi.
Le modifiche delle condizioni contenute nella separazione consensuale difficilmente vengono modificate dal giudice proprio perché sottoscritte da ambedue i genitori; non vengono cambiate nemmeno quando il genitore che paga l’assegno di mantenimento e le spese straordinarie (sovente non autorizzate) è in cassa integrazione o è rimasto senza lavoro o viene chiamato a pagare spese non concordate e non documentate o non dovute. Non si comprende, in verità, cosa debba accadere ad un padre per vedersi accolta la sua richiesta di modifica delle condizioni di separazione e per vedersi rispettato nei propri diritti-doveri di genitore e di cittadino.
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Martedì 21 Gennaio 2014 10:57 |
Solo con l’affido condiviso alternato
c’è la vera tutela dei figli nelle separazioni
di Ubaldo Valentini *
La cultura dominante, figlia dei tempi e degli interessi della classe emergente, vorrebbe che nelle separazioni i figli abbiano una collocazione prevalente presso un solo genitore, ovviamente quasi sempre la madre. Alcune forze politiche e socio-religiose, femministe per vocazione e per convenienza, vorrebbero modificare la legge sul condiviso (n.54/2006) per introdurre il principio della scelta vincolante di una unica residenza e del genitore prevalente. Ma non solo.
Il Forum delle famiglie cattoliche da una parte propone di privare il minore anche del diritto ad essere sentito dal giudice in merito al suo affido e dall’altra vuole reintrodurre il principio della sua permanenza con i propri genitori solo secondo il principio dei tempi equipollenti ( cioè sulla qualità dello stare assieme con l’uno e con l’altro genitore), escludendo la possibilità di permanenza in tempi equivalenti (cioè gli stessi tempi tra i due genitori). Permane il pregiudizio che per un figlio di separati è diseducativo avere due case e due programmazioni del tempo con i genitori.
Non contano, dunque, le ore dello stare assieme ma la qualità dell’incontro stesso. E’ una vecchia storia che tutti ben conosciamo.
Tutti costoro dimenticano, volutamente, che l’equità del tempo trascorso con ambedue i genitori contribuisce in modo determinante al raggiungimento della qualità del rapporto genitore-figlio e si dimentica che proprio questa disuguaglianza di tempi è il principale motivo del contendere nelle aule giudiziarie.
I Tribunali con sempre maggiore frequenza dispongono l’affido condiviso alternato (cioè la permanenza paritetica dei figli presso ambedue i genitori) anche quando i genitori non abbiano un buon rapporto fra loro, purché le distanze delle rispettive abitazioni non costituiscano un ostacolo per le libere e spontanee frequentazioni dei genitori da parte del minore. Questa forma di affido, però, richiede una solida cultura della bi-genitorialità nei genitori, nei giudici, negli avvocati e, se coinvolti, nei servizi sociali.
Le difficoltà esistono e sono: mancanza di una autentica cultura delle pari opportunità genitoriali; la non sempre evidente disponibilità, da parte dei genitori, a guardare al bene dei figli e non solo alle loro esigenze e rivendicazioni di persone adulte; la non sempre chiara disponibilità del giudice a leggere attentamente i fascicoli della separazione, rinunciando alle solite prassi consuetudinarie che finiscono per negare, di fatto, lo spirito del condiviso; il ricorso a psicologi ed assistenti sociali il cui parere non sempre è libero da propensioni e/o condizionamenti ideologici e non sempre è sorretto da una comprovata professionalità; la scarsa capacità e disponibilità della società a considerare i minori come persone con propri diritti, tempi e spazi. I minori di oggi saranno i cittadini di domani e loro gestiranno la società stessa ed è assurdo considerarli, perché minori, non come soggetti a rimorchio dell’adulto più forte.
I pregiudizi da superare sono tanti.
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Martedì 21 Gennaio 2014 10:56 |
Quale diritto dei nonni nel nuovo decreto sulla filiazione!
avv. Gerardo Spira
Il legislatore italiano stenta a mantenere il passo con i tempi che hanno cambiato la vita di relazioni nella società. Prevalgono interessi di gruppi o di clientela politica o peggio ancora interessi di casta curati e gestiti dai soliti galoppini, pronti ad aggiungere o togliere una parola, spostare la virgola o il punto e virgola nel momento in cui viene formulata la norma.
Tanto basta a cambiare il senso della frase e a scaricare la responsabilità attuativa sugli operatori del diritto, costretti a discutere sulla interpretazione autentica, restrittiva o estensiva. Mentre il medico studia l'ammalato muore e la famiglia irreversibilmente sta attraversando questa fase Il Decreto legislativo 154 di fine anno, in attuazione della delega parlamentare sulla filiazione , che entrerà in vigore il 7 febbraio prossimo, ha messo la parola fine sulla diatriba dei diritti dei minori e sui conflitti di coppia. La legge 54 del 2006 sull'affidamento condiviso, mai attuato, è stata svuotata di contenuto e messa da parte con un colpo di mano di fine anno.
Il legislatore, dopo l'introduzione del reato di femminicidio, colto in piena estate, il 14 agosto, quando tutti erano al mare, ne ha fatto un'altro a fine anno, mentre gli italiani brindavano per l'arrivo del nuovo. Con la novella normativa è stato restaurato il solo diritto per il genitore collocatario e deciso che l'altro deve stare “ a cuccia “ e deve solo “pagare “. E' stato cancellato il conflitto, con opportuni rimaneggiamenti normativi ed è stato, con sottile garbo, consigliato all'avvocatura di specializzarsi in altre materie, perché il genitore non collocatario, quasi sempre il padre, non ha più diritti. Gli avvocati saranno solo di genere femminile, come i magistrati e le procedure saranno una pura e semplice prassi di rito, del tipo burocratico.
Come si dice in gergo è cessata la materia del contendere. Un cambio di passo richiede una forte presa di posizione, rivoluzionaria, da parte di tutte quelli che hanno a cuore la difesa dei diritti, mettendo in atto una azione forte a tempo indeterminato capace di fermare il Paese. Esaminiamo l'aspetto che la nuova normativa ha riguardato i nonni. Guarda caso, l'attento legislatore ha prestato più attenzione ad essi che ad uno dei genitore, “fatto fuori “ dal diritto di famiglia. Ma vediamo come e con quali effetti. La precedente norma, art 155 c.c, intitolata.”provvedimenti riguardo ai figli” parlava del diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori ….....e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
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Lunedì 13 Gennaio 2014 19:04 |
Era impossibile non conoscere il suo dramma
Un padre separato della bassa Valle, lunedì mattina 6 gennaio, si è tolto la vita.
Un gesto inquietante e, forse, meditato da tempo. Nessuno ne parla. Non sappiamo se questo silenzio significhi rispetto della sua disperazione o rimorso per non avergli prestato la dovuta attenzione; se manifesti rabbia contro chi si compiaceva delle sue difficoltà ad essere un padre a tempo pieno e delle sue problematiche economiche dovute alla drastica diminuzione dello stipendio di un terzo rispetto all’inizio dell’anno. Questa imponderata realtà non gli permetteva più di pagare puntualmente il mantenimento e le spese straordinarie dei figli, divenendo ciò fonte di discussioni e ritorsioni; di onorare i mutui a suo nome accesi per l’acquisto di due macchine per la famiglia e di versare il canone d’affitto per l’abitazione.
Tutto ciò, per una persona che da venti anni viveva e lavorava nella Vallata dove aveva fatto l’investimento affettivo della sua vita ed aveva costruito una famiglia, era una umiliazione che alimentava la sua solitudine, avendo genitori e parenti in altra regione.
Nel mese di ottobre aveva contattato il coordinatore regionale della nostra associazione e su sua indicazione mi aveva telefonato per illustrarmi questa sua difficile posizione di separato. Ci chiedeva chiarimenti legali per poter abbassare l’importo del mantenimento dei figli ancora piccoli, visto che lo stipendio non serviva nemmeno per versare alla loro madre gli assegni, e per pagarsi i mutui e l’affitto.
Gli consigliai di rivolgersi immediatamente al legale che lo aveva seguito nella separazione e fare ricorso al tribunale per chiedere una drastica riduzione dell’assegno di mantenimento, imponendo alla moglie di lavorare o, se benestante, di contribuire in modo prevalente al mantenimento dei figli. Mi rispose che era sua intenzione farlo, ma trovava una certa freddezza nel legale che avrebbe dovuto assisterlo. Riferiva, inoltre, che trovava pure difficoltà a relazionarsi con la controparte, a tutelare la sua persona e i suoi diritti di genitore per vedere i figli con regolarità e secondo i tempi stabiliti dalla separazione. Parlammo a lungo e chiese di poterci risentire verso Natale per l’effettiva revisione delle condizioni di separazione.
Era un padre addolorato, affranto e solo, che si sentiva affettivamente “emarginato” dai propri figli ma lucido, premuroso verso i figli e preoccupato per le conseguenze di una separazione non ponderata nelle sue condizioni economiche, consapevole dei spropri diritti e doveri coniugali e genitoriali.
Sotto le feste natalizie mi chiamò nuovamente per dirmi che la situazione stava peggiorando, che era stato denunciato e che doveva procedere alla riduzione del mantenimento dei figli. Non ricordo se passava un assegno anche alla moglie, nullafacente ma con familiari benestanti e conosciuti in tutta la Valle d’Aosta. Mi chiese di essere seguito dall’associazione e chiedeva anche come poter incidere e vegliare sulla educazione e crescita dei figli, essendo un padre a ore. Lo rassicurai che con la crescita dei figli le cose cambiano e gli chiesi che appena possibile doveva inviarmi in copia della sentenza di separazione e tutto il materiale inerente la separazione, la vita di coppia. Mi rassicurò che l’avrebbe fatto appena possibile e che una sera mi avrebbe richiamato al telefono per meglio informarsi sui suoi diritti e doveri di genitore e per concordare una data per incontrarci.
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Lunedì 13 Gennaio 2014 19:03 |
... Altrimenti ci arrabbiamo ...
Il giornale Gazzetta Matin, a seguito di un nostro comunicato stampa, aveva dato notizia di una petizione popolare a favore di una bambina della Bassa Valle che, dopo aver vissuto nove anni con la nonna paterna e il padre prima e con la sola nonna dopo la morte del padre, veniva tolta alla nonna per riconsegnarla alla madre che, di fatto, l’aveva abbandonata al padre dopo la nascita.
La dirigente regionali dei servizi sociali convocò il giornalista per sostenere che la decisione era stata presa dal Tribunale dei Minori di Torino e che loro si erano limitati solo ad eseguire le decisioni dell’autorità giudiziaria.
In realtà, il Tribunale aveva deciso in base alle relazioni dei servizi sociali del comune della bambina che ribadivano sempre l’urgenza di ridare la figlia alla madre che, nel frattempo, aveva compreso il proprio ruolo genitoriale e che non frequentava più il Sert.
Il centro di neuropsichiatria infantile, la pediatra della bambina (anch’essa neuropsichiatra infantile) e la psichiatra che seguiva la madre non erano concordi sul trasferimento della minore senza il suo consenso e senza averla preparata a questo profondo cambiamento di stile di vita, di amici, di figura di riferimento e della zona in cui era sempre vissuta e dove ora frequentava la scuola elementare.
Il consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta ha inviato la seguente lettera alla redazione del giornale per contestare il loro operato informativo e per insegnare loro il mestiere di giornalisti. La presunzione, indubbiamente, non ha limiti.
Lettera del Consiglio regionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali alla redazione della Gazzetta Matin
In riferimento agli articoli pubblicati dalla Gazzetta Matin inerenti alla vicenda di una minore contesa dai familiari l’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta intende far presente alcune considerazioni.
Innanzitutto dispiace ancora una volta constatare in merito, lo scatenarsi da parte di alcuni mass-media, che con il loro atteggiamento non fanno che acuire ulteriormente i livelli di conflittualità già presenti tra i diversi soggetti coinvolti nelle delicate situazioni che interessano i minori e le loro famiglie.
Le situazioni suddette infatti, proprio in considerazione della loro complessità, sono prese in carico da più operatori che hanno compiti di analisi e comprensione delle difficoltà dei minori, aiuto e sostegno, valutazione complessiva “dell’interesse del minore”interesse che non coincide spesso con quello dei suoi familiari e per tale ragione fonte di conflitto.
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