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In merito al Centro antiviolenza di Terni PDF Stampa E-mail

In merito al Centro antiviolenza di Terni


La presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, nel rispondere alla interrogazione del consigliere regionale di opposizione Sergio De Vincenzi è colta da amnesia ed ignora che


Il danaro pubblico non è di genere e va rispettato!


Avv. Gerardo Spira

Quando si parla di vigilanza e di controlli nella Pubblica amministrazione si finisce per restare imbrogliati nella rete delle competenze, delle responsabilità e dello scarico barile, come se il danaro pubblico avesse la pece che lo tiene invischiato solo nelle mani di chi lo ha usato.

Tutti cercano di scappare, quando si richiama alle responsabilità del suo impiego e ogni soggetto finanziatore, anche da tramite, all'interpello risponde: io non c'entro”.  I politici, quelli orientati, invece fanno a gara ad assegnarlo e distribuirlo pensando poi alla rendita elettorale. Nessuno però vuole vigilare e controllare nella fase più delicata della spesa, quando le operazioni si fanno di politica certosina. Si preferisce disporre ed affidare agli altri compiti che invece spettano alla politica deliberante.

Veniamo al caso che riteniamo di particolare importanza per gli effetti e le considerazioni di affidabilità e credibilità.

Parliamo della vicenda di una separazione caduta sotto il regime dei tribunali di Terni e di Perugia, per i diversi aspetti giuridici, in cui un uomo rimane coinvolto in una strategia, bene orchestrata, messa a punto attraverso una vile e falsa accusa di violenza e di maltrattamenti denunciata dalla compagna convivente.

La donna subito dopo l'esposto, come era presumibile, lascia la casa in cui abitava per rifugiarsi col figlio minorenne di appena due anni in un centro antiviolenza, di Terni, uno dei tanti spuntato dopo l'entrata in vigore della legge 119/2013.

L'illusione dura poco perché il Tribunale in sede penale sbroglia subito la matassa, decidendo di prosciogliere il povero padre che intanto era stato messo nella gogna del percorso protetto.

Il Tribunale di Terni, chiamato sulla questione fa piena giustizia in via civile, dispone l'affidamento condiviso e prescrive le modalità dei rapporti tra padre e figlio.

Il Tribunale dei minori di Perugia, in perfetta linea con quello di Terni, respinge le istanze di affidamento esclusivo e la decadenza dalla responsabilità genitoriale del padre, come la signora aveva chiesto e continuava a chiedere in ogni sede giudiziaria, nonostante il suo proscioglimento penale.

Il Tribunale di Terni nel disporre la collocazione del minore, stabilisce che questi debba vivere con la madre. Non dice dove e non dispone diversamente.

Eppure siamo stati abituati a leggere nelle decisioni dei Tribunali dei minorenni soprattutto questa condizione di affidamento, il luogo di dimora o di residenza dell'affidataria. Invece il Tribunale di Terni non lo indica. Dimenticanza o sottigliezza giuridica?

La donna, da subito dopo la denuncia si è rifugiata in un noto centro antiviolenza di Terni.

Il Tribunale lo sapeva ma non ha disposto in merito. Non ha voluto riconoscerlo o è stata lasciata aperta la porta a presumibili conseguenze giuridiche?

Ma veniamo al caso. Il Tribunale di Terni, tra l'altro, ha affidato al Servizio sociale di Orvieto il compito di programmare per tre mesi (termine perentorio) il percorso tra padre e figlio per consentire ai due di riprendere il normale ed equilibrato rapporto preesistente. La cautela è d'obbligo!

I servizi sociali di Orvieto non hanno saputo gestire la situazione, perdendosi in una complessa corrispondenza di parte, venendo meno ad un dovere di ufficio e cioè quello di programmare la fase con un protocollo di apertura del percorso e di concludere nel termine (tre mesi) fissato dal Tribunale.

 

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