Attualità
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Si deve essere genitori dei propri figli

anche quando finisce la convivenza


avv. Francesco Valentini *

Non è facile garantire ai figli la presenza costruttiva dei genitori dopo la fine della loro convivenza. Il conseguenziale affidamento dei minori è quasi sempre traumatico per un insieme di concause che potrebbero essere rimosse con facilità dai genitori se i figli fossero al centro degli interessi affettivi di chi li ha chiamati alla vita, senza il loro consenso, e se le diatribe degli adulti, quasi sempre economiche e di infedeltà, venissero affrontate nel rispetto dei diritti sanciti dal codice. Le stesse istituzioni chiamate a tutelare i minori (servizi sociali e tribunali) devono abbandonare retaggi culturali del passato e devono essere liberi dagli attuali condizionamenti di genere e ideologici che sono alla base delle conclamate discriminazioni di un genitore, con conseguenze deleterie sui minori stessi, che vengono privati, con molta leggerezza (superficialità giuridica ed umana), di una figura genitoriale.

La giustizia ingiusta, che rinnega i diritti dei cittadini, è legalizzata dalla volontà “dei potenti” (giudici, servizi sociali, genitore collocatario) che dimenticano quale sia la ragione del loro esistere e il superiore bene dei minori. La società, con i suoi colpevoli silenzi, è responsabile del disagio giovanile, fonte di tante devianze sociali e di tanta preoccupazione per il suo futuro, poiché saranno proprio i maltrattati minori di oggi ad amministrarla. I minori e i giovani, poiché non votano, non trovano spazio e significativa rilevanza nelle preoccupazioni dei politici.

E’ opportuno che le agenzie educative ripensino il proprio impegno per contenere un diffuso abuso giudiziario che tenta di escludere il padre dalla gestione dei figli, aggravando, però, la sua posizione con un fardello economico, chiamato assegno di mantenimento per i figli e spese straordinarie, poiché, quasi sempre (94% dei casi), di fatto, viene obbligato a pagare la madre come baby-sitter, mentre lei, non solo non versa un becco di quattrino per il mantenimento dei figli, come, invece, sarebbe doveroso prevedere nei provvedimenti in ossequio al diritto civile, all’art. 30 della Costituzione e alle Convenzioni internazionali sui minori, alcune delle quali fatte proprie (inutilmente) anche dal governo italiano.

C’è necessità, a seguito della cessata convivenza dei genitori, di riaffermare, con urgenza e determinazione, il ruolo della bigenitorialità nell’affido dei minori, senza l’abituale penalizzazione della figura paterna, in ossequio a una errata concezione delle Pari opportunità genitoriali, che vorrebbe il padre sempre marginale nel concepimento dei figli (fra non molto non sarà più nemmeno fondamentale) e nella loro crescita ed educazione, tanto che viene umiliato, perseguitato e condannato penalmente, anche con il carcere, se non riesce ad assolvere con regolarità al versamento del mantenimento e/o delle spese straordinarie alla madre dei suoi figli. Non tutti i giudici, per fortuna, nelle loro sentenze di affido sono così discriminatori e, al contrario, riconoscono al padre il ruolo di genitore, scegliendolo, talvolta, a genitore collocatario o affidatario esclusivo. Ancora sono una minoranza coloro che applicano l’affido condiviso paritario, come prevedeva la legga 54/2006, e che mettono sullo stesso piano ambedue i genitori, determinando oneri ed onori per ambedue nel supremo interesse del minore.

Gli altri giudici hanno una visione tutta propria della bigenitorialità e non riescono a sganciarsi da una cultura matriarcale della famiglia che fa perno, nell’educazione dei figli, esclusivamente sulla figura materna, mentre al padre viene lasciato l’onere del loro mantenimento, ma non quello educativo e formativo. Prevedere la sua presenza sporadica con i figli non vuol dire garantire la bigenitorialità, che è, invece, cogenitorialità in senso pieno e presenza paritetica con i figli, avendo il coraggio di imporre, ad ambedue i genitori, regole comportamentali con i figli e di intervenire con provvedimenti drastici ed immediati nei confronti del genitore che non rispetta i principi inalienabili della cogenitorialità e della bigenitorialità.

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I nonni: oasi nelle turbolenze genitoriali dei separati


I nonni sono una risorsa insostituibile per i nipoti tutti ma soprattutto per coloro che si trovano, a loro insaputa, al centro delle turbolenze per la fine della convivenza dei genitori. Certo, parliamo dei nonni che mettono al servizio dei nipoti affetto e tempo per aiutarli a crescere e sottrarli ai traumatici disagi in cui i minori vengono a trovarsi quando finisce la fiducia e l’affetto tra i genitori. Non meritano considerazione alcuna, invece, i nonni che contribuiscono, e non poco, ad accelerare la fine della convivenza dei propri figli, genitori dei disorientati nipoti. I veri nonni comprendono i propri figli ma quasi mai ne giustificano la scarsa attenzione verso i loro nipoti.

Nelle separazioni conflittuali, quasi tutte quelle non condivise, la presenza operativa ed affettiva dei nonni è una insostituibile risorsa per allentare la tensione che circonda i minori, talvolta molto piccoli, che si trovano al centro di un vortice per loro di difficile comprensione. I nonni, sempre più importanti nella frettolosa società attuale, diventano fondamentali per la crescita serena dei nipoti con genitori non più conviventi poiché la permanenza con loro rappresenta una oasi di autentico affetto e amore. I veri e saggi nonni si preoccupano della serenità dei nipoti e cercano di contenere il disagio che costoro vivono a causa del goffo tentativo dei genitori di coinvolgerli in una lite che resta, per loro, una assurdità. La fine della convivenza dei genitori ha sempre delle profonde ragioni che, poi, in presenza di figli, si trasformano in aggressioni psicologiche nei loro confronti. Aggressioni che, purtroppo, talvolta diventano anche fisiche da parte del genitore che pretende di accaparrarsi il loro consenso per meglio aggredire l’altro genitore, soprattutto a livello economico.

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