Attualità
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Non è più tollerabile certi comportamenti della magistratura e dei servizi sociali palesemente dannosi per i minori che, loro, invece dovrebbero tutelare. In questo sito più volte abbiamo parlato di una prassi giudiziaria iniqua con sentenze e decreti che sono in netto contrasto con lo spirito dell’affido condiviso che ribadisce a chiare lettere il diritto alle pari opportunità genitoriali di ciascun genitore e soprattutto di quello non collocatario.

La legge esiste ma non si rispetta nello spirito e nelle decisioni concrete, favorendo sempre la figura femminile, dimenticando che il padre spesso è il genitore più idoneo ad avere presso di sé i figli.

I retaggi di una cultura arcaica, legata a ideologia religiose e politiche e a palesi interessi economici, ha sempre il sopravvento sui diritti naturali dei minori grazie anche alla impunibilità della magistratura e dei servizi sociali che si arrogano di diritti che non appartengono loro  sia per carenze professionali che per deformazioni ideologiche.

E’ ora di parlare di tutto ciò senza paura.

Con questo articolo inizieremo ad esporre casi-limite che non possono essere ignorati dal CSM, dal Ministero della Giustizia e dai gestori, politici e materiali, dei servizi sociali. Tutti costoro devono essere chiamati alle loro responsabilità, comprese quelle economiche, infrangendo una lobby che non rispetta i diritti dei minori così come da decenni sono ribaditi dalla Convenzioni internazionali. Facciamo valere i diritti dei nostri figli!

I lettori possono inviarci loro commenti e scritti a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. o contattarci al 347.6504095.

 

Sotto quale CUPOLA?

 

Ricatti e trappole insidiano l'affare dei minori a Roma

 

Re Giorgio, il nostro Presidente della Repubblica, ha ragione quando lamenta che  la magistratura si deve spogliare dall'ansia di fare “protagonismo”. E' la sete qualunquistica che trascina l'uomo nel vortice di questa epoca, senza ritegno e senza rispetto del cittadino il quale pretende invece giudici coraggiosi ed una GIUSTIZIA giusta.

L'ansia fa dimenticare funzione e doveri e porta il magistrato a sbagliare e ad accanirsi nell'errore  anche contro la stessa giustizia, pur di non ammetterlo.

La confusione  giudiziaria finisce per diventare una feroce spada per il malcapitato che distrutto nei sentimenti, diviene una vittima di se stesso in questa società ammantata di falsi principi ed ipocriti corollari. La beffa comunque produce danno e il danno finisce nel solito posto dell'ortolano.

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Troppe tragedie si consumano all’ombra delle separazioni

 

Vite spezzate: non solo condanna

di Ubaldo Valentini *

 

La stampa riporta con enfasi le tragedie familiari che si consumano a seguito di separazioni subite o imposte cioè quando uno dei due partner viene estromesso dalla vita dell’altro e/o dei propri figli.

Gli omicidi-suicidi non sono mai giustificati.  Stiamo attenti, però, a non strumentalizzare tragedie familiari che si spiegano solo calandoci umilmente nel vissuto di vite spezzate da drammi spesso più grandi dei protagonisti. La piaga del femminicidio non sempre è sufficiente a spiegare l’assurdità di questi sconvolgenti eventi ed è dovere di tutti, per una retta informazione e comprensione dei fatti,  andare oltre la scontata riprovazione.

Gli amori si spezzano, ma spesso con essi, si  vuole spazzar via con un colpo di spugna progetti, speranze, illusioni, delusioni, cioè sentimenti traditi che condizionano il nostro agire. Togliere la vita agli altri e soprattutto ai propri figli è un gesto folle, nessuno lo nega, ma occorre vedere se  certi accadimenti avvengano anche per l’indifferenza delle istituzioni e della società consumistica che non si ferma nemmeno dinnanzi ai sentimenti e ai drammi personali, alla solitudine distruttiva e all’emarginazione in cui certe persone vengono a trovarsi nell’indifferenza del mondo che li circonda.

In tutti questi anni di attività ho incontrato tantissime persone lacerate dal dolore causato loro dal partner che improvvisamente ha misconosciuto progetti affettivi e familiari costruiti durante il fidanzamento e riaffermati dalla convivenza, facendoli sentire esseri inutili. Si mettono in moto meccanismi delicatissimi e devastanti, talvolta ingestibili, che portano l’individuo rifiutato a chiudersi in sé stesso, a diffidare di tutto e di tutti perché gli crolla un mondo a cui aveva dato tutto se stesso e in cui credeva ciecamente. Il partner, comunicandogli, talvolta con sarcastica freddezza,  che l’amore è finito e che quindi deve mettersi in disparte da subito - spesso rinunciando ai figli che però deve continuare a mantenere - non gli concede il tempo per poter discutere e confrontarsi sui tanti perché  suscitati da una siffatta decisione.

Non basta dire: “tutto è finito”, “non ti amo più”, “non provo più nulla per te”, “tu non mi rendi più felice”, “amo un altro o un’altra”, “tu devi sparire dalla mia vista”, “voglio rifarmi una vita”, “da anni aspettavo questo momento”, quando si dimentica che certi sentimenti costitutivi dell’esistenza di ciascuno e del vissuto quotidiano non si possono liquidare con semplici battute che, sovente, in molti casi sono anche oltraggiose.

 

L’amore può finire ma se ne parla e si concede alla controparte il tempo necessario per rielaborare una decisione unilaterale spesso inaspettata che porta al crollo di un mondo attorno al quale si era costruita una vita di relazione e di genitorialità con tanti sacrifici e con tante speranze. Sui sentimenti non si gioca e la facile condanna sociale non aiuta a crescere e a

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