Attualità
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Responsabilità anche del legale

nell’affido discriminante del padre


Il padre, o genitore non collocatario, viene discriminato dai servizi sociali e dai magistrati anche per responsabilità del legale di ciascun genitore, che, quasi sempre, non si batte, nemmeno pubblicamente, per un affido equo e paritario dei figli, soprattutto dove le distanze non sono proibitive o, comunque, relative rispetto ai benefici sui figli, ma, a lungo andare, anche sui genitori, da un affido che non penalizza nessun genitore. Il problema delle distanze può essere affrontato nel processo di affido, imponendo ai genitori di rispettare, prima di tutto, le esigenze dei figli, permettendo loro di rapportarsi con equità e con le pari opportunità con ciascun genitore.

Nella maggior parte degli affidi si può applicare la forma del condiviso paritario, educando i genitori a non farsi la guerra su questioni futili rispetto al benessere dei figli, imponendolo quando i genitori (soprattutto la madre) non vogliono rinunciare all’assegnazione della casa coniugale/familiare, all’assegno di mantenimento per i figli e a tutti i contributi economici clientelari che gli enti locali elargiscono con molta generosità ai moderni cliens, cioè portatori di voti, di cui l’ente erogatore non permette all’altro genitore di venirne a conoscenza con il pretesto della inesistente privacy.

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Le registrazioni, anche se non autorizzate, sono lecite


La Cassazione ritorna sulla validità delle registrazioni fonografiche di una conversazione come prova testimoniale nei tribunali e, se effettuate ad opera di un soggetto partecipe o presente alla conversazione, anche se fatte in modo clandestino, non possono essere considerate come indebite intercettazioni (Cassazione penale, sent. n. 10079/2024 del 08.03.2024). Lo stesso dicasi per le telefonate fono-registrate senza il consenso di controparte sia nel corso di un colloquio telefonico o durante lo svolgimento della ctu o nei colloqui con i servizi sociali o in altre sedi.

La Corte di Cassazione ha ribadito che "le intercettazioni regolate dagli artt. 266 e segg. cod. proc. pen. consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l'intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo" possono essere utilizzate nei procedimenti penali poiché sono una “forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo".

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