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Il genitore affidatario può trasferirsi con i figli

in altra città per motivi di lavoro e di sicurezza

 

avv. stabilito Francesco Valentini*

 

La Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 9633/2015 fa chiarezza sul diritto del genitore collocatario a trasferirsi in altra città con i figli: diritto sempre contrastato dall’altro genitore e, talvolta, negato anche dal tribunale adito identificando, erroneamente, la collocazione dei minori con la residenza presso la casa coniugale e/o familiare. Il condiviso, come giurisprudenza insegna, può essere concesso anche quando i genitori abitano in città diverse e lontane fra loro.

I motivi del trasferimento sono vari e vanno dalle esigenze lavorative del collocatario per garantirsi la relativa autonomia economica, al clima ostile talvolta creato artificiosamente dall’altro genitore che mette in seria difficoltà la serena crescita psico-fisica dei minori stessi. Si viene a creare una situazione intollerabile che mette a rischio la sicurezza dei figli e del genitore collocatario.

Il codice civile, art. 155, sancisce il diritto del minore alla presenza significativa di ambedue i genitori e il giudice, in caso di divorzio, deve valutare in via prioritaria l’affidamento del minore ad ambedue i genitori, per garantirgli un sereno sviluppo. L’affidamento ad un solo genitore o ai servizi sociali dovrà essere previsto solo qualora l’affidamento ad entrambi i genitori risultasse – secondo la discrezione del giudice – contrario all’interesse del minore.

Il riconoscimento del diritto all’affido condiviso non è compromesso dalla conflittualità tra i genitori, spesso provocata da uno solo, ma dall’assenza in loro della consapevolezza della primaria importanza per il minore di vivere in modo armonico con genitori dialoganti.

 

La Suprema Corte ha ribadito più volte che la distanza tra le residenze dei genitori non costituisce motivo ostativo per l’affido condiviso, poiché tale fatto, di per sé, non rappresenta nessuna inidoneità educativa o non manifesta carenza dei genitori; ha sottolineato che la distanza tra i luoghi di residenza dei genitori può, in linea di principio, precludere la possibilità di un affidamento condiviso del minore: «solo quando si traduca in un comportamento, da parte di uno dei genitori, che escluda il genitore medesimo dal pari esercizio della responsabilità genitoriale, così da rendere non rispondente all’interesse del figlio l’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento». (Cassazione, I Civile, sentenza n. 24526 del 2.12.2010).

“L’articolo 155-quater, comma 2, c.c., - scrive il giurista Paladino - prevede, in ipotesi di cambio di residenza o di domicilio da parte dei genitori (e tale da influire sulle concrete modalità dell’affidamento), che, su richiesta dell’altro genitore, il giudice possa ridefinire le modalità dell’affidamento (ossia, i tempi e le modalità della presenza dei figli presso il genitore allontanatosi, dal momento che non risulterà più attuabile la precedente regolamentazione dettata dal giudice), nonché i provvedimenti di natura economica (ad esempio, sostituendo la vigente forma di mantenimento diretto, non più attuabile, con la corresponsione mensile di un assegno di mantenimento). È significativo che il legislatore del 2006 non abbia fatto riferimento, nell’ambito dell’articolo 155-quater, comma 2, del c.c., alla possibilità, per il giudice, di disporre l’affidamento esclusivo dei figli in caso di mutamento di residenza o domicilio di uno dei genitori, né che abbia ritenuto tale circostanza contraria all’interesse del minore» (C. Padalino, La monogenitorialità viene riconosciuta come ipotesi residuale, nota a Cass. 18 giugno 2008, n. 16593, in Famiglia e min., 2008, 8, 44).

La bigenitorialità diviene quindi principio insopprimibile sia dei figli che dei genitori.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 9633/2015, ha riaffermato il principio di diritto secondo cui l'affidamento condiviso non preclude il trasferimento del coniuge collocatario.

Il giudice di legittimità deve limitarsi a valutare se sia più funzionale al preminente interesse dei minori il collocamento presso l'uno o l'altro genitore. “di fronte alle scelte insindacabili sulla propria residenza compiute dei coniugi separati, i quali non perdono, per il solo fatto che intendono trasferire la propria residenza lontano da quella dell’altro coniuge, l’idoneità ad essere collocatari dei figli minori, il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò incida negativamente sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario: conseguenza, questa, comunque ineluttabile, sia nel caso di collocamento presso il genitore che si trasferisce, sia nel caso di collocamento presso il genitore che resta”.

Pertanto, “ciascun genitore ha il diritto, costituzionalmente garantito, di stabilire la propria residenza nel luogo che desideri e tale decisione, per motivi di lavoro, non può considerarsi dettata da intenti emulativi volti ad ostacolare l’esplicarsi del rapporto tra padre e figlie, in violazione del principio di bigenitorialità”.

Continua la Corte  “i rilievi, basati sul grave pregiudizio cui la bambina sarebbero stata esposta a causa del trasferimento della residenza in un’altra città e del conseguente sradicamento dai vincoli affettivi, ambientali e scolastici da tempo costituiti ... non costituisse ostacolo al trasferimento in un’altra città ove poter ricostituire una nuova rete di conoscenze e relazioni sociali, data la particolare duttilità e capacità di adattamento dei bambini alla novità, tali da rendere più agevole il superamento di eventuali difficoltà iniziali, mentre invece un brusco e prolungato distacco dalla figura materna avrebbe avuto irrimediabili ripercussioni negative sul loro equilibrio e benessere fisico e psico-emotivo”.

Il trasferirsi in altra città è un diritto fondamentale costituzionalmente garantito e nessuna norma impone di privare il coniuge che intenda trasferirsi, per questo solo fatto, dell'affidamento o del collocamento dei figli presso di sé. “Nel giudizio di affido e collocamento dei figli di una coppia di coniugi separati, il giudice non ha il potere d’imporre all’uno o all’altro dei coniugi stessi di rinunziare a un progettato trasferimento, che del resto corrisponde a un diritto fondamentale costituzionalmente garantito... Il giudice non può che prendere atto delle determinazioni al riguardo assunte dell’interessato e regolarsi di conseguenza nella decisione, che gli compete, sull’affido e il collocamento dei figli minori. Nessuna norma, inoltre, impone di privare il coniuge che intenda trasferirsi, per questo solo fatto, dell’affido o del collocamento dei figli presso di sé; la decisione del giudice è discrezionale e deve ispirarsi al superiore interesse dei figli minori”.

* Foro di Perugia

 

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