Conferenza Aosta (8.5.2017) e Cesena (9.5.2017).
L'affido condiviso alternato
per la centralità dei minori
Avv. Gerardo Spira *
Prima di parlare di centralità dei minori in caso di affidamento alternato, dobbiamo porci la domanda: è stata attuata in Italia la legge n.54/2006 cosiddetta legge sul condiviso? I figli minori sono stati sempre posti al centro della problematica delle coppie separate?
Ancora oggi, dopo la convulsa discussione sul problema delle famiglie separate e nonostante qualche voce isolata ponga con forza la necessità di applicare la legge, nella maggioranza dei casi i figli vengono collocati presso la madre e soltanto in caso di incapacità riconosciuta a questa (disturbi mentali, uso di sostanze e abbandono o per serie difficoltà personali) vengono collocati presso il padre.
La prassi, per la Giurisprudenza italiana, è la collocazione dei minori presso la madre e soltanto in via eccezionale e residuale i figli vengono collocati presso il padre.
E' diffusa nella convinzione dei giudici l'idea che i figli devono convivere prevalentemente con la madre, e qualsiasi prova contraria ben documentata e sostenuta con relazioni e pareri di eccellenze scientifiche si infrange sul muro del diritto. Insomma la legge 54/2006 secondo la teoria dell'umore del cordone ombelicale non va applicata.
Ognuno di noi ormai, direttamente o indirettamente è stato toccato dal problema e ognuno sulla scorta della cultura giuridica o delle nozioni di diritto, si è inevitabilmente scontrato con due istituzioni deputate per legge a risolvere “il caso”: la giustizia e i servizi sociali.
Mentre la legge italiana, pur con evidenti difficoltà politiche, si è adeguata alle trasformazioni sociali e all'evoluzione della scienza che insiste nel ritenere la funzione del padre di primaria e fondamentale importanza per una crescita equilibrata del figlio sin dalla nascita (legge 54/2006, legge 219/2012, d.lgs. 154/2013), nelle aule dei tribunali riscontriamo difformità tra legge e prassi, le cui conseguenze ritroviamo nei provvedimenti rifiutati anche da un comune uomo della strada.
Non solo la Giustizia ha mancato di rispettare la legge, ma soprattutto lo Stato con le sue istituzioni, trascurando l’importante ruolo di vigilanza e di controllo nelle fasi di applicazione della stessa.
Clamorosa è stata l'emanazione della direttiva del ministero dell'Istruzione n.5336 del 2.9.2015, diramata a tutte le scuole italiane con la quale, dopo il solito preambolo di riconosciuto sostegno giuridico, il ministro, dopo oltre dieci anni dall'approvazione della legge 54/2006, ha dichiarato che “nei fatti, la legge non ha mai trovato una totale e concreta applicazione”.
Intanto in questi dieci anni nella società e nelle famiglie è accaduto di tutto: dalla discussione sulla delega ad accompagnare il bambino a scuola a quello della riconsegna nelle fasi alterne dell'affidamento, con le conseguenze interpretative ed applicative da parte delle dirigenze scolastiche, rifiuti e omissioni che hanno inciso sulla vita dei figli e su quella dei genitori non collocatari. Insomma una guerra inutile e stupida che ha aggravato le situazioni conflittuali e provocato tensioni e piazzate davanti alle scuole, finite inevitabilmente davanti alle forze dell’ordine e quindi in sede penale.
Ciò per assenza di coordinamento giudiziario nella fase esecutiva dei provvedimenti o di una direttiva chiarificatrice. Eppure la legge obbliga il Giudice a vigilare durante la fase esecutiva dei procedimenti e sui provvedimenti. I provvedimenti infatti vanno inviati al P.M il quale deve interessare il Giudice tutelare.
Purtroppo, nel nostro Paese chi decide non controlla e quando viene denunciata questa mancanza, il funzionario chiamato si appella alla competenza di altri, come buona scusante per lo scarico barile.
Invece non è così. Nel Nostro Ordinamento Giuridico vale il principio della responsabilità funzionale che lega ciascuno di noi alle decisioni assunte.
Il ministro della Istruzione si è ricordato dopo dieci anni dall’approvazione della legge 54 di emanare una circolare esplicativa. I dirigenti scolastici, preoccupati della corretta applicazione della legge si rivolgono al Ministero per una risposta puntuale sul caso interposto. E intanto il genitore ha dovuto attendere davanti ai cancelli della scuola i lenti tempi della burocrazia, prima di vedere chiarito e riconosciuto il suo diritto.
|