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Quando la separazione consensuale è dannosa

 

Assistiamo alla omologazione di separazioni consensuali con clausole che, oltre a prestarsi a varie interpretazioni, spesso sono impraticabili. Con crescente preoccupazione vediamo che il genitore non collocatario è costretto ad impugnare la separazione sottoscritta, talvolta solo dopo alcuni mesi, poiché quanto concordato non viene rispettato e il padre, quasi sempre lui, deve sottostare ai desiderata e/o ricatti della madre.

Nello specifico, il genitore affidatario impone un suo calendario di visite, sue modalità di attuazione, consapevole che il tribunale nei suoi confronti mai applicherà quanto previsto dall’art.709 ter c.p.c.. Accanto al mancato rispetto del diritto di permanenza dei figli col padre, sottoscritto con la consensuale, la madre non gli richiede il consenso preventivo sulle spese straordinarie, arrivando a determinare lei quali siano da ritenersi spese straordinarie e non esita a denunciarlo per “mancati alimenti” se non provvede a soddisfare i suoi imperativi economici. Si mette in piedi, così, un contenzioso penale che non tutti i padri possono sostenere non avendo le risorse per pagare i legali. Alcuni tribunali non  esitano a condannare sempre il padre con multe e mesi di arresto convertibili in ulteriori sanzioni pecuniarie anche quando il loro rifiuto a pagare è motivato proprio dalla mancanza di soldi.

Le modifiche delle condizioni contenute nella separazione consensuale difficilmente vengono modificate dal giudice proprio perché sottoscritte da ambedue i genitori; non vengono cambiate nemmeno quando il genitore che paga l’assegno di mantenimento e le spese straordinarie (sovente non autorizzate) è in cassa integrazione o è rimasto senza lavoro o viene chiamato a pagare spese non concordate e non documentate o non dovute. Non si comprende, in verità, cosa debba accadere ad un padre per vedersi accolta la sua richiesta di modifica delle condizioni di separazione e per vedersi rispettato nei propri diritti-doveri di genitore e di cittadino.

 

Il problema di fondo è che le consensuali devono essere fatte razionalmente e non emotivamente perché se ci si lascia incantare dalle belle e accattivanti parole dei legali, della controparte, degli amici e familiari ingenui e del giudice - che però si guarda bene dal verbalizzarle in modo chiaro – il genitore non collocatario, di fatto, sceglie di essere quasi esclusivamente un bancomat con un ruolo educativo ed affettivo solo virtuale.

 

Le consensuali per funzionare devono prevedere condizioni chiare, inequivocabili, eque e garanti delle pari opportunità genitoriali. L’audizione del minore, così come ha previsto il legislatore e di recente ci ha ricordato Strasburgo, deve essere fatta sempre e direttamente dal giudice - non dai servizi sociali, spesso professionalmente incompetenti – poiché i genitori potrebbero decidere anche contro la volontà e le esigenze dei propri figli.

I Tribunali quando arriva un ricorso per le modifiche o una denuncia di mancata osservanza delle disposizioni del giudice non possono aspettare mesi e mettere in moto procedure lunghe e inconcludenti. Molti giudici in una o due udienze ravvicinate arrivano a deliberare sul ricorso e sulla denuncia per mancati alimenti, perché non avviene altrettanto in tutti i tribunali italiani? Le condizioni pattuite nella consensuale devono essere modificate quando il genitore non affidatario si trova in ristrettezze economiche non per cattiva gestione dei propri soldi ma per difficoltà occupazionali oggi sempre più presenti o per un assenso alla consensuale senza la dovuta ponderazione.

Troppi giudici rigettano i ricorsi asserendo che non ci sono stati “cambiamenti significativi” rispetto al momento della sottoscrizione della consensuale, come se la cassa integrazione e la disoccupazione, il non poter vedere i propri figli siano fatti “normali”. Questi giudici dovrebbero essere rimossi e destinati a settori della giustizia poiché per deliberare sul diritto di famiglia, in presenza di minori, occorre, oltre alla conoscenza della giurisprudenza, la conoscenza dei principi della psicologia evolutiva e della psichiatria infantile. Con gli slogan e con i prestampati – così in uso in tanti tribunali - non si tutelano i minori e il genitore più debole. La determinazione dell’assegno di mantenimento non può essere fatta in base ad astratte tabelle, sovente compilate dal giudice, dal cancelliere e mai dal sociologo.

Essendo questa la triste realtà della giustizia odierna, prima di sottoscrivere una consensuale occorre  tener presente la futura difficoltà a far modificare le condizioni sottoscritte ed essere consapevoli che ogni ricorso richiede mesi ed anni prima della sentenza e, soprattutto, tanti soldi. Soldi che spesso non mancano al genitore affidario se usufruisce del gratuito patrocinio, utilizzato con facilità per continue denuncie nei confronti dell’altro genitore, quasi sempre inventate.

Il tribunale, basandosi esclusivamente sulla denuncia della madre, è solerte solo ad emettere decreti di allontanamento dalla casa familiare o pesanti sentenze per maltrattamenti in famiglia e stalking spesso basandosi su informazioni sommarie, senza le dovute indagini e i dovuti riscontri testimoniali. I decreti di allontanamento e le sentenze del tribunale per stalking o maltrattamenti in famiglia dopo alcuni anni si rivelano vere e proprie bufale che hanno fatto solo danni ai figli e al genitore non affidatario. Purtroppo pagano tutti meno che i giudici che non rispondono in proprio del loro operato..

Alcuni giudici, sia nell’udienza presidenziale che nel successivo procedimento istruttorio, con troppa insistenza cercano di far accordare i genitori che hanno chiesto di separarsi giudizialmente su una consensuale, facendo intravvedere, in caso contrario, provvedimenti poco rassicuranti per chi ha chiesto la separazione giudiziale. Quando non esistono le condizioni reali per una consensuale, la stessa è premonitrice di future tensioni e disagi per i minori coinvolti. D’altronde se fossero esistite le possibilità di un accordo tra i genitori, gli stessi non si troverebbero dinnanzi al giudice con una richiesta di separazione giudiziale, costosa e con tempi lunghi. Ma ciò non sembra interessare più di tanto al giudice, preoccupato, molto probabilmente, sì di far ragionare i genitori ma principalmente di chiudere il procedimento per dimostrare a Roma l’efficienza propria e del tribunale in cui opera. Certi suicidi di padri separati sono inquietanti e sarebbe opportuno sapere perché il genitore, di fatto, ha subito la consensuale o non è stato ascoltato dalle istituzioni quando chiedeva interventi drastici a difesa dei propri figli e per il rispetto del proprio diritto alla genitorialità.

I giudici che - puntando sulle difficoltà socio-psicologiche e sulle scarse risorse economiche del padre – fanno intendere la opportunità-necessità di un accordo di separazione a qualsiasi costo – risparmiando loro tempo e lavoro – devono essere contrastati e, se persistono nell’imporre la loro richiesta, denunciati al CSM e al Ministero della Giustizia. Ogni cittadino deve essere rispettato nelle proprie decisioni. Una cattiva separazione è solo dannosa.

Questo modo di fare talvolta è supportato da alcuni legali di parte, compreso quello del padre, che non vogliono mai mettersi in cattiva luce dinnanzi al giudice e al tribunale dove abitualmente esercitano la propria attività forense. Infatti, perché non acconsentire alla proposta di una consensuale camuffata come un bene per i figli, quando esistono, poi, processi veramente importanti e forieri di salate parcelle?

Prima di sottoscrivere una consensuale è bene confrontarsi con le associazioni che assistono i separati nella tutela dei loro figli, con altri separati e con psicologi dell’età evolutiva professionalmente preparati e possibilmente genitori.

 

Iratus Pater

 

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